Il medievalismo di William Morris nasce come forma giovanile di culto per un’età ideale, sorretto dalla lettura di fonti svariate. L’interesse per la storia della civiltà germanica si fonda su The Decline and Fall of the Roman Empire (1776) di E. Gibbon nell’edizione commentata da H.H. Milman nel 1852 e su A History of the Fall of the Roman Empire (1834) di J.C.L. Sismondi, mentre gli anni della maturità sono fortemente segnati dalla lettura dell’opera di Marx. Fra gli anni ‘80 e ‘90 egli elabora, in forma prosastica lineare, una serie di lectures di impianto storico-sociologico, presentate in convegni della Socialist League o pubblicate su giornali di stampo socialista quali Commonweal e Justice. La formazione culturale di Morris è segnata da un interesse primario per la storia come apparato di fonti da cui attingere — integrale e specifica — l’origine dell’idea anglosassone di società e di popolo. Ma, circa la concezione morrisiana di identità nazionale, occorre specificare certe affermazioni secondo cui il ceppo germanico sembrerebbe primeggiare per originaria purezza, mentre Romani e Normanni si identificherebbero in agenti deleteri di contaminazione razziale. Il fatto che, in diversi luoghi dei suoi saggi, Morris qualifichi le invasioni subite dal popolo anglosassone come fattori irreversibili di sconvolgimento di una specifica evoluzione sociale, non implica un messaggio finalizzato a postulare un discorso di superiorità razziale. Piuttosto esso evidenzia come l’imposizione di strutture sociali già profondamente codificate in senso piramidale abbiano paralizzato i caratteri teutonici di comunitarismo ed egualitarismo evidenti nei nuclei di aggregazione sviluppatisi dalla gens, alla tribe, al people - theoth. Se l’idea di una primigenia grandezza del popolo, corpo sociale in cui il vincolo di consanguineità alimenta principi etici di comunione ed eroismo, può degenerare in forme di esaltazione del mito ariano, estremizzate in fanatismo ideologico, risultano troppo dogmatiche sia l’affermazione della Oberg secondo cui «there is an intrinsic connection between National Socialism and Marxism-Leninism arising from the millennial eschatology on which both are based», sia la visione di Norman Cohn riguardo «the final decisive battle of the Elect (be they the ‘Aryan race’ or the ‘proletariat’) against the hosts of evil (be they the Jews or the ‘bourgeoisie’). In altra direzione la matrice marxiana determina la specifica angolazione del discorso di Morris, essenzialmente indirizzato a sviluppare fra gli strati meno agiati una coscienza di classe attraverso la costruzione di una coscienza storica. La storia morrisiana è sociale, intessuta sulle vicende dell’umanità nel suo aggregarsi in forme di socialità, in consorzi civili; ed è storia socialista, imperniata sulla lotta di classe.

Figurazioni del passato nella saggistica di William Morris: la storia dell’Inghilterra pre-industriale, un ‘discorso’ sul socialismo

SPINOZZI, Paola
1998

Abstract

Il medievalismo di William Morris nasce come forma giovanile di culto per un’età ideale, sorretto dalla lettura di fonti svariate. L’interesse per la storia della civiltà germanica si fonda su The Decline and Fall of the Roman Empire (1776) di E. Gibbon nell’edizione commentata da H.H. Milman nel 1852 e su A History of the Fall of the Roman Empire (1834) di J.C.L. Sismondi, mentre gli anni della maturità sono fortemente segnati dalla lettura dell’opera di Marx. Fra gli anni ‘80 e ‘90 egli elabora, in forma prosastica lineare, una serie di lectures di impianto storico-sociologico, presentate in convegni della Socialist League o pubblicate su giornali di stampo socialista quali Commonweal e Justice. La formazione culturale di Morris è segnata da un interesse primario per la storia come apparato di fonti da cui attingere — integrale e specifica — l’origine dell’idea anglosassone di società e di popolo. Ma, circa la concezione morrisiana di identità nazionale, occorre specificare certe affermazioni secondo cui il ceppo germanico sembrerebbe primeggiare per originaria purezza, mentre Romani e Normanni si identificherebbero in agenti deleteri di contaminazione razziale. Il fatto che, in diversi luoghi dei suoi saggi, Morris qualifichi le invasioni subite dal popolo anglosassone come fattori irreversibili di sconvolgimento di una specifica evoluzione sociale, non implica un messaggio finalizzato a postulare un discorso di superiorità razziale. Piuttosto esso evidenzia come l’imposizione di strutture sociali già profondamente codificate in senso piramidale abbiano paralizzato i caratteri teutonici di comunitarismo ed egualitarismo evidenti nei nuclei di aggregazione sviluppatisi dalla gens, alla tribe, al people - theoth. Se l’idea di una primigenia grandezza del popolo, corpo sociale in cui il vincolo di consanguineità alimenta principi etici di comunione ed eroismo, può degenerare in forme di esaltazione del mito ariano, estremizzate in fanatismo ideologico, risultano troppo dogmatiche sia l’affermazione della Oberg secondo cui «there is an intrinsic connection between National Socialism and Marxism-Leninism arising from the millennial eschatology on which both are based», sia la visione di Norman Cohn riguardo «the final decisive battle of the Elect (be they the ‘Aryan race’ or the ‘proletariat’) against the hosts of evil (be they the Jews or the ‘bourgeoisie’). In altra direzione la matrice marxiana determina la specifica angolazione del discorso di Morris, essenzialmente indirizzato a sviluppare fra gli strati meno agiati una coscienza di classe attraverso la costruzione di una coscienza storica. La storia morrisiana è sociale, intessuta sulle vicende dell’umanità nel suo aggregarsi in forme di socialità, in consorzi civili; ed è storia socialista, imperniata sulla lotta di classe.
1998
9788871463940
Utopia come genere letterario; saggistica; William Morris; teorie sociali e politiche; Inghilterra; XIX secolo
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