Il contributo affronta la vicenda del conflitto d'attribuzioni proposto dall'ex Presidente della Repubblica Cossiga prima della decisione della Corte costituzionale (154/2004). Il punto di partenza è il possibile parallelismo tra l'insindacabilità dei parlamentari (ex art. 68 co. 1 Cost.) e quella del Presidente, secondo l'impostazione data sia nel ricorso che nelle decisioni della Corte di Cassazione relative ai processi per risarcimento danni contro lo stesso Cossiga per affermazioni lesive dell'onore altrui fatte durante il settenato presidenziale. La prima distinzione tra le due fattispecie riguarda il potere di dichiarare l'insindacabilità, rispetto al quale vengono distinti i casi della dichiarazione endoprocessuale del titolare della carica da quella dell'ex titolare. Esclusa la praticabilità di raccordi istituzionali del tipo di quelli un tempo valevoli per i parlamentari (autorizzazione a procedere e c.d. "pregiudiziale parlamentare"), viene delineato un modello procedimentale capace di conciliare il potere del titolare della carica (o ex titolare) di "autodefinire" i propri atti al fine di invocare lo scudo dell'irresponsabilità ex art. 90 Cost., con le ordinarie esigenze di giustizia e di tutela dei terzi coinvolti. Il modello prende le mosse dalla nota sent. n. 1150/1988 della Corte cost. Il punto più critico dell'importazione di un simile modello appare l'assenza, nel caso del Presidente della Repubblica, di un organo collegiale d'appartenenza che possa pronunciarsi sulla prerogativa (come avviene per le Camere rispetto ai singoli parlamentari). Se l'autodefinizione può essere sufficiente quando non v'è distinzione tra soggetto che eccepisce nel processo civile (o penale) l'insindacabilità e titolare della carica, le cose si complicano quando v'è divergenza e quando il titolare della carica non ritenga che le esternazioni fatte da un proprio predecessore siano insindacabili. La conclusione è nel senso di lasciare che possa essere il titolare della carica il soggetto cui spetta pronunciarsi retrospettivamente sull'insindacabilità delle opinioni del ex titolare e dunque anche l'eventuale sollevamento del conflitto, al fine di indurre una sorta di "autocontrollo" del potere di esternazione tutelato dall'art. 90 Cost. (le esternazioni insindacabili sono solo quelle che presumibilmente saranno ritenute tali anche dal successore, dovendo perciò restare entro i limiti del "decoro istituzionale" o almeno della ragionevolezza). Dall'altro lato, all'ex Presidente resterebbe la possibilità di agire in qualità di senatore a vita, dimostrando che l'azione della magistratura per fatti compiuti durante il settenato, nella sua arbitrarietà, è in grado di pregiudicare la reputazione dell'ex Presidente e dunque di ostacolare l'esercizio del suo mandato senatoriale.
L’insindacabilità delle manifestazioni del pensiero del Capo dello Stato: alla ricerca di un “modello procedimentale”
GUAZZAROTTI, Andrea
2003
Abstract
Il contributo affronta la vicenda del conflitto d'attribuzioni proposto dall'ex Presidente della Repubblica Cossiga prima della decisione della Corte costituzionale (154/2004). Il punto di partenza è il possibile parallelismo tra l'insindacabilità dei parlamentari (ex art. 68 co. 1 Cost.) e quella del Presidente, secondo l'impostazione data sia nel ricorso che nelle decisioni della Corte di Cassazione relative ai processi per risarcimento danni contro lo stesso Cossiga per affermazioni lesive dell'onore altrui fatte durante il settenato presidenziale. La prima distinzione tra le due fattispecie riguarda il potere di dichiarare l'insindacabilità, rispetto al quale vengono distinti i casi della dichiarazione endoprocessuale del titolare della carica da quella dell'ex titolare. Esclusa la praticabilità di raccordi istituzionali del tipo di quelli un tempo valevoli per i parlamentari (autorizzazione a procedere e c.d. "pregiudiziale parlamentare"), viene delineato un modello procedimentale capace di conciliare il potere del titolare della carica (o ex titolare) di "autodefinire" i propri atti al fine di invocare lo scudo dell'irresponsabilità ex art. 90 Cost., con le ordinarie esigenze di giustizia e di tutela dei terzi coinvolti. Il modello prende le mosse dalla nota sent. n. 1150/1988 della Corte cost. Il punto più critico dell'importazione di un simile modello appare l'assenza, nel caso del Presidente della Repubblica, di un organo collegiale d'appartenenza che possa pronunciarsi sulla prerogativa (come avviene per le Camere rispetto ai singoli parlamentari). Se l'autodefinizione può essere sufficiente quando non v'è distinzione tra soggetto che eccepisce nel processo civile (o penale) l'insindacabilità e titolare della carica, le cose si complicano quando v'è divergenza e quando il titolare della carica non ritenga che le esternazioni fatte da un proprio predecessore siano insindacabili. La conclusione è nel senso di lasciare che possa essere il titolare della carica il soggetto cui spetta pronunciarsi retrospettivamente sull'insindacabilità delle opinioni del ex titolare e dunque anche l'eventuale sollevamento del conflitto, al fine di indurre una sorta di "autocontrollo" del potere di esternazione tutelato dall'art. 90 Cost. (le esternazioni insindacabili sono solo quelle che presumibilmente saranno ritenute tali anche dal successore, dovendo perciò restare entro i limiti del "decoro istituzionale" o almeno della ragionevolezza). Dall'altro lato, all'ex Presidente resterebbe la possibilità di agire in qualità di senatore a vita, dimostrando che l'azione della magistratura per fatti compiuti durante il settenato, nella sua arbitrarietà, è in grado di pregiudicare la reputazione dell'ex Presidente e dunque di ostacolare l'esercizio del suo mandato senatoriale.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.