Un cenno va fatto anche ai rischi legati all’altitudine. Quando persone abitualmente residenti a livello del mare si recano a quote superiori a 2500-3000m possono infatti comparire sintomi quali cefalea, astenia, vertigini, nausea, eccessivo affaticamento, insonnia: questi sono i sintomi del mal acuto di montagna (AMS) che in genere regrediscono rapidamente. In alcuni casi i sintomi peggiorano e possono comparire le due forme gravi del mal di montagna: l'edema polmonare acuto e l'edema cerebrale acuto (definiti con termine anglosassone HAPE e HACE). L'edema polmonare d'alta quota é un edema non cardiogeno che colpisce soggetti senza alcuna preesistente patologia cardiopolmonare dopo una permanenza di qualche ora o qualche giorno a quote superiori ai 2500-3000m. La fascia di maggiore frequenza si ha tra il 2° ed il 5° giorno. In genere si verifica quando un soggetto non acclimatato sale rapidamente di quota e si ferma alla nuova altitudine per almeno 6-10 ore. Data la difficoltà a condurre rigorosi studi epidemiologici non è facile definire l'incidenza della patologia. Si può in ogni modo attribuire un'incidenza variabile dallo 0.0001% a 2700m a circa 2,5% a 4200m. L'incidenza media è considerata di circa 1.5/1000, corrispondente allo 0.155%. L’edema cerebrale è considerato l’end-stage dell’AMS ed è caratterizzato da cefalea ribelle agli analgesici, vomito, atassia. I sintomi possono peggiorare fino al coma. Il primo trattamento del mal di montagna consiste nella discesa ad una quota inferiore e nella somministrazione di ossigeno. Contemporaneamente il soggetto deve essere trattato con farmaci quali la nifedipina (per l’HAPE), il desametasone (per l’HACE) e l’acetazolamide. Da qualche anno è disponibile il sacco iperbarico che consente una rapida regressione della sintomatologia riportando il soggetto artificialmente ad una quota inferiore attraverso l’incremento della pressione al suo interno. Il mal di montagna va però soprattutto prevenuto con una salita graduale che consenta all’organismo di adattarsi, ricordando anche che ogni malessere o sintomo in quota dovrebbe essere considerato come un problema di acclimatazione. Mai troppo in alto e troppo in fretta! Questa regola è molto importante nei primi giorni di permanenza al di sopra dei 3500m quando l’acclimatazione è ancora nella fase iniziale. E’ anche possibile una prevenzione farmacologia con l’uso di acetazolamide 125mg o 250mg due volte al giorno iniziando 24 ore prima della salita in quota. Viene consigliata nei soggetti che sanno di essere intolleranti all’alta quota o nei casi in cui non sia possibile seguire una corretta acclimatazione per esempio quando si arriva in aereo a quote elevate (come a La Paz o a Lhasa).

Patologie respiratorie d'alta quota: l'edema polmonare

COGO, Annaluisa;
2008

Abstract

Un cenno va fatto anche ai rischi legati all’altitudine. Quando persone abitualmente residenti a livello del mare si recano a quote superiori a 2500-3000m possono infatti comparire sintomi quali cefalea, astenia, vertigini, nausea, eccessivo affaticamento, insonnia: questi sono i sintomi del mal acuto di montagna (AMS) che in genere regrediscono rapidamente. In alcuni casi i sintomi peggiorano e possono comparire le due forme gravi del mal di montagna: l'edema polmonare acuto e l'edema cerebrale acuto (definiti con termine anglosassone HAPE e HACE). L'edema polmonare d'alta quota é un edema non cardiogeno che colpisce soggetti senza alcuna preesistente patologia cardiopolmonare dopo una permanenza di qualche ora o qualche giorno a quote superiori ai 2500-3000m. La fascia di maggiore frequenza si ha tra il 2° ed il 5° giorno. In genere si verifica quando un soggetto non acclimatato sale rapidamente di quota e si ferma alla nuova altitudine per almeno 6-10 ore. Data la difficoltà a condurre rigorosi studi epidemiologici non è facile definire l'incidenza della patologia. Si può in ogni modo attribuire un'incidenza variabile dallo 0.0001% a 2700m a circa 2,5% a 4200m. L'incidenza media è considerata di circa 1.5/1000, corrispondente allo 0.155%. L’edema cerebrale è considerato l’end-stage dell’AMS ed è caratterizzato da cefalea ribelle agli analgesici, vomito, atassia. I sintomi possono peggiorare fino al coma. Il primo trattamento del mal di montagna consiste nella discesa ad una quota inferiore e nella somministrazione di ossigeno. Contemporaneamente il soggetto deve essere trattato con farmaci quali la nifedipina (per l’HAPE), il desametasone (per l’HACE) e l’acetazolamide. Da qualche anno è disponibile il sacco iperbarico che consente una rapida regressione della sintomatologia riportando il soggetto artificialmente ad una quota inferiore attraverso l’incremento della pressione al suo interno. Il mal di montagna va però soprattutto prevenuto con una salita graduale che consenta all’organismo di adattarsi, ricordando anche che ogni malessere o sintomo in quota dovrebbe essere considerato come un problema di acclimatazione. Mai troppo in alto e troppo in fretta! Questa regola è molto importante nei primi giorni di permanenza al di sopra dei 3500m quando l’acclimatazione è ancora nella fase iniziale. E’ anche possibile una prevenzione farmacologia con l’uso di acetazolamide 125mg o 250mg due volte al giorno iniziando 24 ore prima della salita in quota. Viene consigliata nei soggetti che sanno di essere intolleranti all’alta quota o nei casi in cui non sia possibile seguire una corretta acclimatazione per esempio quando si arriva in aereo a quote elevate (come a La Paz o a Lhasa).
2008
9788829918898
edema polmonare; alta quota
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