In occasione della mostra Il Camerino di alabastro: Antonio Lombardo e la scultura all’antica allestita nel Castello Estense di Ferrara, dopo oltre quattrocento anni, i bassorilievi del Camerino dei Marmi di Alfonso I sono tornati nel loro antico scrigno. La Provincia di Ferrara, che nell’ambito delle ricerche sulle collezioni estensi da anni ha rapporti con il Museo dell’Ermitage di Sanpietroburgo, ha intrapreso sull’argomento una intensa campagna di studi e indagini, che hanno visto il coinvolgimento, assieme agli esperti ed ai restauratori del museo russo, del Centro DIAPReM (Centro Dipartimentale per lo Sviluppo di Procedure Automatiche Integrate per il Restauro dei Monumenti) del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. I bassorilievi furono realizzati agli inizi del XVI secolo dallo scultore veneziano Antonio Lombardo, su commissione di Alfonso I d’Este, come apparato decorativo del Camerino di marmo che il duca fece costruire sulla via Coperta del Castello Estense di Ferrara, edificio a cerniera tra il Castello Estense e il Palazzo Ducale, e vennero smontati nel 1598, in seguito alla devoluzione della città al papato. Lavoro unico nell’ambito della scuola italiana della fine del Quattrocento, le lastre scolpite da Antonio Lombardo e bottega risentono dell’influenza della scultura classica romana. I bassorilievi sono infatti caratterizzati da citazioni ad opere antiche e riprendono elementi e schemi tipici della scultura classica. Il repertorio del lessico antiquario è visibile nei girali di acanto e fogliami, nella varietà di elementi naturalistici e nel sistema araldico e allegorico; in realtà diversi e approfonditi studi sono stati condotti sul significato iconografico dei rilievi e sui temi fondamentali che dovevano caratterizzare il Camerino di alabastro di Alfonso, scaturendo in interpretazioni e pareri molto diversi. Certo è che, oltre al livello artistico e allo stato conservativo dei bassorilievi, l’insieme di queste opere rappresenta un importantissimo documento della cultura umanistica italiana. Oltre all’eccezionalità artistica che contraddistingue i bassorilievi che costituivano il Camerino d’alabastro di Alfonso I d’Este, la storia collezionistica e il dibattito relativo alla collocazione originaria e addirittura al numero effettivo di lastre marmoree che dovevano costituire il prezioso ambiente, conferiscono maggior fascino e importanza alla collezione, che, dopo la rimozione dall’ambiente per la quale era stata creata in seguito alla devoluzione di Ferrara al papato, ricomparve sulle scene dei dibattiti culturali e delle vicende collezionistiche a partire dalla fine del XIX secolo, quando furono presentati in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi. Se la maggior parte degli studiosi ritiene che l’insieme delle opere sia costituito da 28 composizioni marmoree, tra cui 4 figurative e 24 ornamentali, in realtà si dovrebbero considerare 34 rilievi poiché tre composizioni sono in realtà frutto di un’assemblamento, probabilmente avvenuto nel XIX secolo, di tre elementi ciascuno. Dei 33 rilievi esposti alla mostra Il Camerino di alabastro: Antonio Lombardo e la scultura all’antica allestita nel Castello Estense di Ferrara ne compaiono due tra quelli compositi. Attualmente le lastre scolpite sono conservate nel prestigioso museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Parallelamente alle ricerche storiche e alle prime osservazioni critiche relative all’iconografia e ai precedenti allestimenti sono stati condotti studi relativi ai materiali, ai restauri e allo stato conservativo della superficie dei singoli bassorilievi e, per tutta la serie di apparati scultorei, sono stati eseguiti i rilievi ad alta definizione dei caratteri morfologico-dimensionali mediante la metodologia della scansione tridimensionale. Nel periodo in cui tutta la collezione era ospitata nella sala degli Stemmi del castello di Ferrara è stato allestito un set per la realizzazione del rilievo, che consentisse lo svolgimento dell’attività scientifica a contatto diretto con il pubblico in visita all’esposizione, permettendo a quest’ultimo di toccare con mano l’impegno dell’istituzione per le attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo legate a procedure ed attività tecnologiche digitali con alto valore innovativo finalizzate al rilievo, alla catalogazione, alla documentazione e alla valorizzazione del patrimonio artistico, storico-architettonico e culturale. I rilievi sono stati eseguiti tramite più scansioni realizzate con il laser scanner Konica-Minolta VI-910, strumentazione ultraportatile a lama di luce rossa, funzionante sulla base di una tecnologia basate sulla triangolazione ottica per la misurazione della distanza capace di un campionamento in un range compreso tra 7 x 7 cm fino a 1,1 x 1,1 m. Vista l'articolazione dei dettagli si sono realizzate mediamente circa 250 prese ad alta definizione (obbiettivo “tele” con accuratezza di circa 0.5-1 mm. su ogni singola presa) per ogni particolare scultoreo. Per mantenere questa precisione ogni singolo pezzo è stato collocato su un cavalletto inclinato di circa 45°, l’illuminazione era controllata e studiata per garantire il massimo risultato di acquisizione, mentre lo scanner era posizionato sempre ad una distanza di 60 cm dall’oggetto per avere il più alto grado di precisione su ogni singola presa. Ogni dettaglio scultoreo è stato acquisito 5 volte per coprire ogni lato della decorazione; una prima volta frontalmente e le due successive con inclinazione di 45°circa da sinistra e da destra, poi il bassorilievo veniva capovolto e si ripeteva la fase di acquisizione con inclinazione di 45° da sinistra e da destra. La fase di acquisizione è durata circa tre mesi, periodo nel quale, grazie ad una workstation collocata sul set di ripresa, i dati raccolti venivano verificati, “puliti” e archiviati. Contemporaneamente si è provveduto ad iniziare la fase di registrazione delle prese in collaborazione con il Visual Computing Lab dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione (C.N.R, Pisa); gruppi di prese registrate sono stati inviati via rete all’ ISTI dove, con software appositamente realizzati, è stata effettuata un’ulteriore registrazione e la fusione delle prese in un’unico modello. Allo scopo di fornire un esempio, si considera il modello del bassorilievo denominato Il trionfo di Ercole, del quale sono state effettuate 182 scansioni (le cosiddette “range map”) che globalmente forniscono un campionamento della superficie dell’opera mediante 41 milioni di punti definiti nello spazio tridimensionale. La ricostruzione del modello digitale 3D finito presenta quindi costi che sono direttamente proporzionali al numero di scansioni effettuate ed al loro contenuto informativo. Le diverse fasi per la ricostruzione della geometria del modello possono essere sinteticamente riassunte in: (a) registrazione od allineamento, in cui tutte le range map acquisite sono ricondotte in un unico spazio di coordinate cartesiane e sono messe a registro le une rispetto alle altre; (b) fusione (o merging), in cui tutte le rappresentazioni parziali vengono fuse in una unica superficie triangolata; (c) semplificazione della complessità geometrica del modello digitale ottenuto, in modo da adeguarne peso ed accuratezza agli specifici requisiti dell’applicazione da realizzare. Gli strumenti software impiegati per la ricostruzione dei Bassorilievi del Camerino d’Alabastro sono stati interamente progettati e sviluppati da ISTI-CNR. Essi operano su comuni personal computer. Per la fase di allineamento delle range map è stato utilizzato MeshAlign v.2, uno strumento semi-automatico che prevede un primo allineamento approssimativo manuale seguito da una registrazione automatica molto accurata. Le criticità derivanti dalla natura dei dati acquisiti (contenenti ampie zone con assenza di dettaglio geometrico) sono state gestite con buona accuratezza dal sistema di allineamento, anche se il tempo medio di processamento è stato nettamente maggiore di quello normalmente richiesto. Il rilievo 3D è stato realizzato a massima densità di campionamento (distanza tra campioni rilevati di circa 0.3 mm) e quindi le singole riprese inquadrano zone molto piccole del bassorilievo. Le zone di sfondo (pressoché piatte) hanno costituito quindi porzione predominante di molte riprese, il cui successivo allineamento ha richiesto notevole attenzione per evitare scivolamenti tra range map. La fase di merging delle range map è stata realizzata con il tool MeshMerge che consente di fondere un numero molto elevato di range map con costi computazionali ridotti (il sistema, come tutti gli strumenti di ISTI-CNR, lavora su comuni PC); il metodo di fusione adottato garantisce un’alta precisione geometrica e la possibilità di chiusura automatica di piccole aree eventualmente non coperte dal campionamento. A causa dell’alta densità di campionamento delle range map (0,3 mm), il modello prodotto dalla fase di merging è costituito da una notevolissima quantità di dati (per la precisione 25 milioni di facce triangolari che rappresentano un’area di circa un metro quadrato). Per renderlo fruibile tale mole di dati è spesso necessario ridurne la complessità eliminando progressivamente i punti di geometria meno significativi ai fini della rappresentazione della forma. Il programma MeshSimplify consente la semplificazione di superfici triangolate ad alta complessità (permette di gestire fino a varie centinaia di milioni di facce) in quanto adotta un meccanismo che lavora in memoria secondaria ed applica iterativamente passi elementari di semplificazione basati sul collassamento degli edge della superficie triangolata. La semplificazione della mesh della formella presentata nelle figure ha richiesto circa mezz’ora di tempo di esecuzione su un comune Pentium4, effettuando una riduzione della granularità della mesh da 25 milioni a 6 milioni di facce. Quest’ultimo valore è stato scelto ai fini della riproduzione via stampante 3D, in quanto del tutto sufficiente a descrivere la superficie con accuratezza adeguata per la riproduzione. Un primo step di questa fase della ricerca ha visto la realizzazione di alcuni dettagli con il metodo della stampa 3D a polvere di gesso e l’avvio di una serie di studi sulla tonalizzazione superficiale delle copie in collaborazione con i laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e di una sperimentazione riguardante la simulazione delle superfici (texture, patine, lacune, integrazioni, ecc.) dei rilievi del Camerino di Alabastro con interventi di trattamento, tonalizzazione e patinatura delle superfici delle copie fisiche in gesso infiltrato. E’ stato inoltre eseguito il rilievo mediante laser scanner Leyca HDS 2500, con tecnologia a tempo di volo, per acquisire la morfologia complessiva del singolo pezzo con un’accuratezza di 2 mm. Le ottimali condizioni in cui è stato eseguito questo tipo di rilievo (luce e umidità controllate e costanti, possibilità di eseguire la scansione con lo strumento perfettamente frontale rispetto all’oggetto e ad una distanza costante rispetto a questo) hanno permesso di dare il via ad una serie di sperimentazioni su un ulteriore dato restituito dallo strumento, ovvero il dato di riflettanza. Tale valore rappresenta l’intensità con cui il laser emesso dallo scanner ritorna allo strumento stesso, e dipende dallo stato conservativo e dalla natura del materiale rilevato. Parallelamente è stato eseguito un rilievo fotografico ad alta definizione, finalizzato alla creazione di una banca dati, alla possibilità di verificare i risultati ottenuti mediante le indagini a vista e, successivamente, funzionale all’applicazione di textures su modelli navigabili in internet, filmati, CD ROM interattivi e, in generale, sulle diverse applicazioni ottenute a partire dallo stesso modello acquisito con valenza metrica, attraverso semplificazioni operate in laboratorio via software. Una volta completata la fase di archiviazione e registrazione di tutte le prese eseguite con il laser scanner ad alta definizione, si procederà all’esecuzione di prove di restituzione solida con le tecnologie più aggiornate attualmente disponibili, al fine di ottenere il sistema più indicato per la riproduzione totale o parziale di questi apparati scultorei; attraverso ricerche precedentemente svolte dal Centro DIAPReM nel campo della prototipazione di modelli solidi di beni artistici, è stata messa a punto una metodologia impostata sulla prototipazione con stampanti tridimensionali Z Corporation a polvere di gesso. Questo metodo, utilizzando una materia prima di origine lapidea, consente di realizzare trattamenti superficiali di tonalizzazione sfruttando le tecniche impiegate per il restauro di questo materiale. La precisione di questo sistema, unito ai trattamenti superficiali, consente di ottenere un modello il cui effetto finale è molto simile all’originale. Anche in questo campo di ricerca si è attivata una positiva collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Grazie al coinvolgimento dell’Opificio delle Pietre Dure, insieme al Centro DIAPReM, sono state intraprese, inoltre, varie indagini scientifiche sulle superfici, fra cui il metodo della fluorescenza ultravioletta e l’osservazione microscopica, finalizzate alla caratterizzazione dei materiali, al riconoscimento delle lavorazioni e delle forme di degrado, all’identificazione dei restauri, alla valutazione dello stato conservativo, cioè, in definitva, all’approfondimento della comprensione delle vicende storico-conservative delle opere in esame. Le superfici dei bassorilievi sottoposte all'analisi della fluorescenza UV hanno mostrato una notevole varietà di effetti visibili, che possono permettere di ampliare la conoscenza sulle vicende conservative. Il progetto di ricerca andrà a costituire una banca dati tridimensionale in cui riportare le vicende storiche e tutti i dati di superficie acquisiti; tale elaborazione permetterà la fruizione, la valorizzazione e la possibilità di realizzare copie prototipate dell’importante patrimonio. Tali studi, attualmente in fase di elaborazione, permetteranno di ricostruire le vicende storiche degli apparati scultorei, punto di partenza per futuri progetti di valorizzazione e conoscenza di un patrimonio che accomuna la storia del Castello di Ferrara e l’Ermitage.

Il Camerino dei Marmi di Alfonso I. Lo studio dei bassorilievi del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo per il Castello Estense di Ferrara. Ricerche storiche, indagini scientifiche e modellazioni per la valorizzazione delle sculture e del loro antico scrigno

BALZANI, Marcello;
2005

Abstract

In occasione della mostra Il Camerino di alabastro: Antonio Lombardo e la scultura all’antica allestita nel Castello Estense di Ferrara, dopo oltre quattrocento anni, i bassorilievi del Camerino dei Marmi di Alfonso I sono tornati nel loro antico scrigno. La Provincia di Ferrara, che nell’ambito delle ricerche sulle collezioni estensi da anni ha rapporti con il Museo dell’Ermitage di Sanpietroburgo, ha intrapreso sull’argomento una intensa campagna di studi e indagini, che hanno visto il coinvolgimento, assieme agli esperti ed ai restauratori del museo russo, del Centro DIAPReM (Centro Dipartimentale per lo Sviluppo di Procedure Automatiche Integrate per il Restauro dei Monumenti) del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. I bassorilievi furono realizzati agli inizi del XVI secolo dallo scultore veneziano Antonio Lombardo, su commissione di Alfonso I d’Este, come apparato decorativo del Camerino di marmo che il duca fece costruire sulla via Coperta del Castello Estense di Ferrara, edificio a cerniera tra il Castello Estense e il Palazzo Ducale, e vennero smontati nel 1598, in seguito alla devoluzione della città al papato. Lavoro unico nell’ambito della scuola italiana della fine del Quattrocento, le lastre scolpite da Antonio Lombardo e bottega risentono dell’influenza della scultura classica romana. I bassorilievi sono infatti caratterizzati da citazioni ad opere antiche e riprendono elementi e schemi tipici della scultura classica. Il repertorio del lessico antiquario è visibile nei girali di acanto e fogliami, nella varietà di elementi naturalistici e nel sistema araldico e allegorico; in realtà diversi e approfonditi studi sono stati condotti sul significato iconografico dei rilievi e sui temi fondamentali che dovevano caratterizzare il Camerino di alabastro di Alfonso, scaturendo in interpretazioni e pareri molto diversi. Certo è che, oltre al livello artistico e allo stato conservativo dei bassorilievi, l’insieme di queste opere rappresenta un importantissimo documento della cultura umanistica italiana. Oltre all’eccezionalità artistica che contraddistingue i bassorilievi che costituivano il Camerino d’alabastro di Alfonso I d’Este, la storia collezionistica e il dibattito relativo alla collocazione originaria e addirittura al numero effettivo di lastre marmoree che dovevano costituire il prezioso ambiente, conferiscono maggior fascino e importanza alla collezione, che, dopo la rimozione dall’ambiente per la quale era stata creata in seguito alla devoluzione di Ferrara al papato, ricomparve sulle scene dei dibattiti culturali e delle vicende collezionistiche a partire dalla fine del XIX secolo, quando furono presentati in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi. Se la maggior parte degli studiosi ritiene che l’insieme delle opere sia costituito da 28 composizioni marmoree, tra cui 4 figurative e 24 ornamentali, in realtà si dovrebbero considerare 34 rilievi poiché tre composizioni sono in realtà frutto di un’assemblamento, probabilmente avvenuto nel XIX secolo, di tre elementi ciascuno. Dei 33 rilievi esposti alla mostra Il Camerino di alabastro: Antonio Lombardo e la scultura all’antica allestita nel Castello Estense di Ferrara ne compaiono due tra quelli compositi. Attualmente le lastre scolpite sono conservate nel prestigioso museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Parallelamente alle ricerche storiche e alle prime osservazioni critiche relative all’iconografia e ai precedenti allestimenti sono stati condotti studi relativi ai materiali, ai restauri e allo stato conservativo della superficie dei singoli bassorilievi e, per tutta la serie di apparati scultorei, sono stati eseguiti i rilievi ad alta definizione dei caratteri morfologico-dimensionali mediante la metodologia della scansione tridimensionale. Nel periodo in cui tutta la collezione era ospitata nella sala degli Stemmi del castello di Ferrara è stato allestito un set per la realizzazione del rilievo, che consentisse lo svolgimento dell’attività scientifica a contatto diretto con il pubblico in visita all’esposizione, permettendo a quest’ultimo di toccare con mano l’impegno dell’istituzione per le attività di ricerca, sperimentazione e sviluppo legate a procedure ed attività tecnologiche digitali con alto valore innovativo finalizzate al rilievo, alla catalogazione, alla documentazione e alla valorizzazione del patrimonio artistico, storico-architettonico e culturale. I rilievi sono stati eseguiti tramite più scansioni realizzate con il laser scanner Konica-Minolta VI-910, strumentazione ultraportatile a lama di luce rossa, funzionante sulla base di una tecnologia basate sulla triangolazione ottica per la misurazione della distanza capace di un campionamento in un range compreso tra 7 x 7 cm fino a 1,1 x 1,1 m. Vista l'articolazione dei dettagli si sono realizzate mediamente circa 250 prese ad alta definizione (obbiettivo “tele” con accuratezza di circa 0.5-1 mm. su ogni singola presa) per ogni particolare scultoreo. Per mantenere questa precisione ogni singolo pezzo è stato collocato su un cavalletto inclinato di circa 45°, l’illuminazione era controllata e studiata per garantire il massimo risultato di acquisizione, mentre lo scanner era posizionato sempre ad una distanza di 60 cm dall’oggetto per avere il più alto grado di precisione su ogni singola presa. Ogni dettaglio scultoreo è stato acquisito 5 volte per coprire ogni lato della decorazione; una prima volta frontalmente e le due successive con inclinazione di 45°circa da sinistra e da destra, poi il bassorilievo veniva capovolto e si ripeteva la fase di acquisizione con inclinazione di 45° da sinistra e da destra. La fase di acquisizione è durata circa tre mesi, periodo nel quale, grazie ad una workstation collocata sul set di ripresa, i dati raccolti venivano verificati, “puliti” e archiviati. Contemporaneamente si è provveduto ad iniziare la fase di registrazione delle prese in collaborazione con il Visual Computing Lab dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Informazione (C.N.R, Pisa); gruppi di prese registrate sono stati inviati via rete all’ ISTI dove, con software appositamente realizzati, è stata effettuata un’ulteriore registrazione e la fusione delle prese in un’unico modello. Allo scopo di fornire un esempio, si considera il modello del bassorilievo denominato Il trionfo di Ercole, del quale sono state effettuate 182 scansioni (le cosiddette “range map”) che globalmente forniscono un campionamento della superficie dell’opera mediante 41 milioni di punti definiti nello spazio tridimensionale. La ricostruzione del modello digitale 3D finito presenta quindi costi che sono direttamente proporzionali al numero di scansioni effettuate ed al loro contenuto informativo. Le diverse fasi per la ricostruzione della geometria del modello possono essere sinteticamente riassunte in: (a) registrazione od allineamento, in cui tutte le range map acquisite sono ricondotte in un unico spazio di coordinate cartesiane e sono messe a registro le une rispetto alle altre; (b) fusione (o merging), in cui tutte le rappresentazioni parziali vengono fuse in una unica superficie triangolata; (c) semplificazione della complessità geometrica del modello digitale ottenuto, in modo da adeguarne peso ed accuratezza agli specifici requisiti dell’applicazione da realizzare. Gli strumenti software impiegati per la ricostruzione dei Bassorilievi del Camerino d’Alabastro sono stati interamente progettati e sviluppati da ISTI-CNR. Essi operano su comuni personal computer. Per la fase di allineamento delle range map è stato utilizzato MeshAlign v.2, uno strumento semi-automatico che prevede un primo allineamento approssimativo manuale seguito da una registrazione automatica molto accurata. Le criticità derivanti dalla natura dei dati acquisiti (contenenti ampie zone con assenza di dettaglio geometrico) sono state gestite con buona accuratezza dal sistema di allineamento, anche se il tempo medio di processamento è stato nettamente maggiore di quello normalmente richiesto. Il rilievo 3D è stato realizzato a massima densità di campionamento (distanza tra campioni rilevati di circa 0.3 mm) e quindi le singole riprese inquadrano zone molto piccole del bassorilievo. Le zone di sfondo (pressoché piatte) hanno costituito quindi porzione predominante di molte riprese, il cui successivo allineamento ha richiesto notevole attenzione per evitare scivolamenti tra range map. La fase di merging delle range map è stata realizzata con il tool MeshMerge che consente di fondere un numero molto elevato di range map con costi computazionali ridotti (il sistema, come tutti gli strumenti di ISTI-CNR, lavora su comuni PC); il metodo di fusione adottato garantisce un’alta precisione geometrica e la possibilità di chiusura automatica di piccole aree eventualmente non coperte dal campionamento. A causa dell’alta densità di campionamento delle range map (0,3 mm), il modello prodotto dalla fase di merging è costituito da una notevolissima quantità di dati (per la precisione 25 milioni di facce triangolari che rappresentano un’area di circa un metro quadrato). Per renderlo fruibile tale mole di dati è spesso necessario ridurne la complessità eliminando progressivamente i punti di geometria meno significativi ai fini della rappresentazione della forma. Il programma MeshSimplify consente la semplificazione di superfici triangolate ad alta complessità (permette di gestire fino a varie centinaia di milioni di facce) in quanto adotta un meccanismo che lavora in memoria secondaria ed applica iterativamente passi elementari di semplificazione basati sul collassamento degli edge della superficie triangolata. La semplificazione della mesh della formella presentata nelle figure ha richiesto circa mezz’ora di tempo di esecuzione su un comune Pentium4, effettuando una riduzione della granularità della mesh da 25 milioni a 6 milioni di facce. Quest’ultimo valore è stato scelto ai fini della riproduzione via stampante 3D, in quanto del tutto sufficiente a descrivere la superficie con accuratezza adeguata per la riproduzione. Un primo step di questa fase della ricerca ha visto la realizzazione di alcuni dettagli con il metodo della stampa 3D a polvere di gesso e l’avvio di una serie di studi sulla tonalizzazione superficiale delle copie in collaborazione con i laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e di una sperimentazione riguardante la simulazione delle superfici (texture, patine, lacune, integrazioni, ecc.) dei rilievi del Camerino di Alabastro con interventi di trattamento, tonalizzazione e patinatura delle superfici delle copie fisiche in gesso infiltrato. E’ stato inoltre eseguito il rilievo mediante laser scanner Leyca HDS 2500, con tecnologia a tempo di volo, per acquisire la morfologia complessiva del singolo pezzo con un’accuratezza di 2 mm. Le ottimali condizioni in cui è stato eseguito questo tipo di rilievo (luce e umidità controllate e costanti, possibilità di eseguire la scansione con lo strumento perfettamente frontale rispetto all’oggetto e ad una distanza costante rispetto a questo) hanno permesso di dare il via ad una serie di sperimentazioni su un ulteriore dato restituito dallo strumento, ovvero il dato di riflettanza. Tale valore rappresenta l’intensità con cui il laser emesso dallo scanner ritorna allo strumento stesso, e dipende dallo stato conservativo e dalla natura del materiale rilevato. Parallelamente è stato eseguito un rilievo fotografico ad alta definizione, finalizzato alla creazione di una banca dati, alla possibilità di verificare i risultati ottenuti mediante le indagini a vista e, successivamente, funzionale all’applicazione di textures su modelli navigabili in internet, filmati, CD ROM interattivi e, in generale, sulle diverse applicazioni ottenute a partire dallo stesso modello acquisito con valenza metrica, attraverso semplificazioni operate in laboratorio via software. Una volta completata la fase di archiviazione e registrazione di tutte le prese eseguite con il laser scanner ad alta definizione, si procederà all’esecuzione di prove di restituzione solida con le tecnologie più aggiornate attualmente disponibili, al fine di ottenere il sistema più indicato per la riproduzione totale o parziale di questi apparati scultorei; attraverso ricerche precedentemente svolte dal Centro DIAPReM nel campo della prototipazione di modelli solidi di beni artistici, è stata messa a punto una metodologia impostata sulla prototipazione con stampanti tridimensionali Z Corporation a polvere di gesso. Questo metodo, utilizzando una materia prima di origine lapidea, consente di realizzare trattamenti superficiali di tonalizzazione sfruttando le tecniche impiegate per il restauro di questo materiale. La precisione di questo sistema, unito ai trattamenti superficiali, consente di ottenere un modello il cui effetto finale è molto simile all’originale. Anche in questo campo di ricerca si è attivata una positiva collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Grazie al coinvolgimento dell’Opificio delle Pietre Dure, insieme al Centro DIAPReM, sono state intraprese, inoltre, varie indagini scientifiche sulle superfici, fra cui il metodo della fluorescenza ultravioletta e l’osservazione microscopica, finalizzate alla caratterizzazione dei materiali, al riconoscimento delle lavorazioni e delle forme di degrado, all’identificazione dei restauri, alla valutazione dello stato conservativo, cioè, in definitva, all’approfondimento della comprensione delle vicende storico-conservative delle opere in esame. Le superfici dei bassorilievi sottoposte all'analisi della fluorescenza UV hanno mostrato una notevole varietà di effetti visibili, che possono permettere di ampliare la conoscenza sulle vicende conservative. Il progetto di ricerca andrà a costituire una banca dati tridimensionale in cui riportare le vicende storiche e tutti i dati di superficie acquisiti; tale elaborazione permetterà la fruizione, la valorizzazione e la possibilità di realizzare copie prototipate dell’importante patrimonio. Tali studi, attualmente in fase di elaborazione, permetteranno di ricostruire le vicende storiche degli apparati scultorei, punto di partenza per futuri progetti di valorizzazione e conoscenza di un patrimonio che accomuna la storia del Castello di Ferrara e l’Ermitage.
2005
Rilievo 3D; Castello Estense; diagnostica; conservazione dei Beni Culturali
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