L’impellente necessità del nostro legislatore di regolare quelle che ritiene essere le svariate forme della flessibilità - già altrove vividamente descritta nei termini inquietanti della “bulimia regolativa” -ci restituisce, con il d.lg.vo n. 276 del 2003, un mercato del lavoro subordinato che si connota per la compresenza di numerose tipologie contrattuali. Dal punto di vista squisitamente previdenziale, le forme contrattuali ‘portanti’ nella congerie di tipi ‘non standard’, ovvero diversi dal lavoro a tempo pieno e indeterminato, che anima il mercato risultano essere: il contratto a tempo parziale, il contratto a tempo determinato, il contratto di lavoro in somministrazione ed i contratti di apprendistato. La struttura di questi contratti, infatti, è caratterizzata dalla presenza di modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che provocano vuoti di tutela in ambito previdenziale. Gli elementi, per così dire, di precarietà previdenziale sono: la riduzione del tempo di lavoro propria del contratto a tempo parziale; il termine; la “scissione fra titolarità del rapporto (in capo all’agenzia) e destinazione della prestazione a favore del terzo”, il termine o, a seconda delle ipotesi, l’ammontare dell’indennità di disponibilità - che sarà normalmente inferiore a quello della retribuzione percepita dal lavoratore durante la missione, nel contratto di lavoro in somministrazione; infine, la presenza della formazione nella causa contrattuale e ancora l’apposizione del termine, nei contratti di apprendistato. Questi stessi elementi di precarietà previdenziale, come vedremo, si ritrovano invariati anche nei contratti di lavoro ripartito, intermittente e d’inserimento. Ebbene, volendo leggere la complessità del mercato dei lavori con il software del previdenzialista, la prima avvertenza sarà quella di rendere intelleggibili i problemi tecnici che necessariamente si presentano nell’applicazione di un sistema di tutela sociale, costruito ad immagine e somiglianza del lavoratore a tempo pieno ed indeterminato, a lavoratori che prestano la propria attività con modalità diverse da quella di riferimento. Lo strumento di lettura prescelto in questa prima fase dell’analisi è rappresentato dai principi fondamentali che informano il sistema di tutela. Nelle pagine seguenti, dunque, si cerherà di descrivere l’operatività dei principi che costituiscono l’ossatura dell’apparato di protezione sociale, con riferimento al ruolo da essi svolto nell’ambito del sistema positivo, con particolare attenzione all’impatto che questi principi hanno sui lavoratori non standard. Successivamente, l’analisi del sistema di protezione sociale - preceduta da un vademecum per orientarsi nell’ambito delle diverse disposizioni di tutela - scenderà nel dettaglio tecnico, fornendo una panoramica del livello di copertura sociale attribuibile a ciascuna forma di lavoro non standard. Nell’ultima parte dello studio, infine, saranno di scena gli strumenti attuali e futuri della protezione sociale del lavoro non standard. Allo stato attuale, i rimedi ai vuoti di tutela che affliggono i lavoratori non standard a cagione dell’inscindibile connessione fra tutela sociale e lavoro non sono molti. In sostanza, esistono gli strumenti di ripristino della continuità assicurativa ai fini pensionistici e la rete, di maglia decisamente larga, della assistenza sociale. Il Welfare State del ventunesimo secolo deve, in sostanza, ancora organizzarsi per accogliere la sfida della flessibilità del sistema produttivo e dell’insicurezza sociale che da essa si origina. A mio avviso, i nodi fondamentali che il Welfare State dovrà affrontare nel processo di riconfigurazione che lo attende sono quelli della Sicurezza attiva, della realizzazione dell’integrazione sociale, della legame fra tutela sociale e lavoro. L’interrogativo di base, che si svolgerà lungo tutta la trattazione, è se sia pensabile un sistema di tutela del lavoro non standard in termini di prestazioni contributive o se sia prospettabile soltanto un sistema di tutela non contributivo, con tutti limiti ad esso sottesi. Il legislatore è costretto sul crinale di un delicato equilibrio: deve operare una ridefinizione delle condizioni di attivazione del sistema previdenziale idonea ad accogliere anche il lavoro non standard senza tuttavia sfociare nell’assistenzialismo.
La tutela sociale dei lavori
RENGA, Simonetta
2006
Abstract
L’impellente necessità del nostro legislatore di regolare quelle che ritiene essere le svariate forme della flessibilità - già altrove vividamente descritta nei termini inquietanti della “bulimia regolativa” -ci restituisce, con il d.lg.vo n. 276 del 2003, un mercato del lavoro subordinato che si connota per la compresenza di numerose tipologie contrattuali. Dal punto di vista squisitamente previdenziale, le forme contrattuali ‘portanti’ nella congerie di tipi ‘non standard’, ovvero diversi dal lavoro a tempo pieno e indeterminato, che anima il mercato risultano essere: il contratto a tempo parziale, il contratto a tempo determinato, il contratto di lavoro in somministrazione ed i contratti di apprendistato. La struttura di questi contratti, infatti, è caratterizzata dalla presenza di modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che provocano vuoti di tutela in ambito previdenziale. Gli elementi, per così dire, di precarietà previdenziale sono: la riduzione del tempo di lavoro propria del contratto a tempo parziale; il termine; la “scissione fra titolarità del rapporto (in capo all’agenzia) e destinazione della prestazione a favore del terzo”, il termine o, a seconda delle ipotesi, l’ammontare dell’indennità di disponibilità - che sarà normalmente inferiore a quello della retribuzione percepita dal lavoratore durante la missione, nel contratto di lavoro in somministrazione; infine, la presenza della formazione nella causa contrattuale e ancora l’apposizione del termine, nei contratti di apprendistato. Questi stessi elementi di precarietà previdenziale, come vedremo, si ritrovano invariati anche nei contratti di lavoro ripartito, intermittente e d’inserimento. Ebbene, volendo leggere la complessità del mercato dei lavori con il software del previdenzialista, la prima avvertenza sarà quella di rendere intelleggibili i problemi tecnici che necessariamente si presentano nell’applicazione di un sistema di tutela sociale, costruito ad immagine e somiglianza del lavoratore a tempo pieno ed indeterminato, a lavoratori che prestano la propria attività con modalità diverse da quella di riferimento. Lo strumento di lettura prescelto in questa prima fase dell’analisi è rappresentato dai principi fondamentali che informano il sistema di tutela. Nelle pagine seguenti, dunque, si cerherà di descrivere l’operatività dei principi che costituiscono l’ossatura dell’apparato di protezione sociale, con riferimento al ruolo da essi svolto nell’ambito del sistema positivo, con particolare attenzione all’impatto che questi principi hanno sui lavoratori non standard. Successivamente, l’analisi del sistema di protezione sociale - preceduta da un vademecum per orientarsi nell’ambito delle diverse disposizioni di tutela - scenderà nel dettaglio tecnico, fornendo una panoramica del livello di copertura sociale attribuibile a ciascuna forma di lavoro non standard. Nell’ultima parte dello studio, infine, saranno di scena gli strumenti attuali e futuri della protezione sociale del lavoro non standard. Allo stato attuale, i rimedi ai vuoti di tutela che affliggono i lavoratori non standard a cagione dell’inscindibile connessione fra tutela sociale e lavoro non sono molti. In sostanza, esistono gli strumenti di ripristino della continuità assicurativa ai fini pensionistici e la rete, di maglia decisamente larga, della assistenza sociale. Il Welfare State del ventunesimo secolo deve, in sostanza, ancora organizzarsi per accogliere la sfida della flessibilità del sistema produttivo e dell’insicurezza sociale che da essa si origina. A mio avviso, i nodi fondamentali che il Welfare State dovrà affrontare nel processo di riconfigurazione che lo attende sono quelli della Sicurezza attiva, della realizzazione dell’integrazione sociale, della legame fra tutela sociale e lavoro. L’interrogativo di base, che si svolgerà lungo tutta la trattazione, è se sia pensabile un sistema di tutela del lavoro non standard in termini di prestazioni contributive o se sia prospettabile soltanto un sistema di tutela non contributivo, con tutti limiti ad esso sottesi. Il legislatore è costretto sul crinale di un delicato equilibrio: deve operare una ridefinizione delle condizioni di attivazione del sistema previdenziale idonea ad accogliere anche il lavoro non standard senza tuttavia sfociare nell’assistenzialismo.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.