Il deposito aurignaziano della Grotta di Fumane (unità A3 - A1 e D7 - D3) è stato scavato su una superficie complessiva di 80 mq. Alla base dell’unità A2, in A1 e alla base di D3 sono venute in luce varie strutture evidenti : depressioni con livelli di carboni e di ceneri, concentrazioni di manufatti, di ossa e di carboni, buche di palo e (alla base dell’unità D3) una pavimentazione realizzata con pietre giustapposte. Le strutture di combustione sono distribuite nell’area atriale della cavità (le datazioni radiometriche suggeriscono una maggiore antichità della struttura 14, costituita da una buca di focolare circolare infossata nell’unità A3 sottostante, contenente tre livelletti carboniosi) e nell’area antistante l’imboccatura. Qui si trova la struttura di combustione più ampia, circondata da lastre di pietra disposte orizzontalmente e fiancheggiata da quattro buche di palo : l’insieme viene interpretato come un riparo artificiale protetto da una copertura addossata alla parete rocciosa sovrastante la grotta. I resti di pasto, rappresentati da ossa di mammiferi e di uccelli, indicano un territorio di caccia che si estendeva dalla prateria alpina degli alti Lessini all’ambiente umido ai piedi delle colline, con prevalenza di specie di prateria alpina e di ambiente roccioso (stambecco, camoscio, bisonte/uro, lepre alpina, marmotta, gracchio, cornacchia) su quelle legate al bosco (cervo, capriolo, megacero, fagiano di monte, tordela). Tra la fauna sono presenti anche carnivori , dei quali venivano probabilmente sfruttate le pellicce. I materiali litici utilizzati provengono dai Lessini, tranne la radiolarite dalla quale venne ottenuto un piccolo numero di armature. La selce era raccolta negli affioramenti sotto forma di noduli o di piccoli blocchi, e in minor misura in depositi torrentizi e suoli. E’ evidente una scelta della materia prima, che teneva conto delle caratteristiche tessiturali dei litotipi, delle dimensioni di arnioni e blocchi, e delle altre caratteristiche che potevano influire sull’attitudine del materiale ad ottenere i prodotti voluti. Il materiale grezzo veniva lavorato quasi tutto nella grotta, secondo due schemi operativi diversi, che prevedevano uno la messa in forma di un nucleo di grandi dimensioni, ridotto progressivamente per ottenere prima prodotti laminari quindi prodotti lamellari, l’altro l’esclusiva produzione di lamelle. Coi prodotti laminari venivano confezionati grattatoi, bulini, lame ritoccate ; con le lamelle piccole punte e lamelle con margini ritoccati destinate ad essere inserite in supporti lignei per ricavarne armi da getto, coltelli ed altri strumenti. Il palco dei cervidi e l’osso erano utilizzati per fabbricare punte di zagaglia , punteruoli, spatole, perforatori. Il deposito aurignaziano ha dato anche un buon numero di ogetti ornamentali : quattro denti di cervo con una solcatura alla base della radice e 723 conchiglie marine appartenenti a 58 taxa, contemporanee dell’occupazione aurignaziana, raccolte tra il detrito conchigliare delle coste mediterranee. Il loro approvvigionamento può essere il risultato di apposite spedizioni o di scambi ; è tuttavia evidente una selezione che ha privilegiato le forme più piccole con ornamentazione appariscente. La metà di esse è forata. Va infine ricordata una costa di erbivoro decorata da gruppi di tacche finemente incise. La distribuzione degli strumenti, delle armature e delle comchiglie ha messo in evidenza strutture latenti che consentono di avanzare ipotesi sull’organizzazione spaziale dell’abitato aurignaziano.

L'abitato aurignaziano.

BROGLIO, Alberto;PERESANI, Marco;BERTOLA, Stefano;DE STEFANI, Mirco;GURIOLI, Fabio
2005

Abstract

Il deposito aurignaziano della Grotta di Fumane (unità A3 - A1 e D7 - D3) è stato scavato su una superficie complessiva di 80 mq. Alla base dell’unità A2, in A1 e alla base di D3 sono venute in luce varie strutture evidenti : depressioni con livelli di carboni e di ceneri, concentrazioni di manufatti, di ossa e di carboni, buche di palo e (alla base dell’unità D3) una pavimentazione realizzata con pietre giustapposte. Le strutture di combustione sono distribuite nell’area atriale della cavità (le datazioni radiometriche suggeriscono una maggiore antichità della struttura 14, costituita da una buca di focolare circolare infossata nell’unità A3 sottostante, contenente tre livelletti carboniosi) e nell’area antistante l’imboccatura. Qui si trova la struttura di combustione più ampia, circondata da lastre di pietra disposte orizzontalmente e fiancheggiata da quattro buche di palo : l’insieme viene interpretato come un riparo artificiale protetto da una copertura addossata alla parete rocciosa sovrastante la grotta. I resti di pasto, rappresentati da ossa di mammiferi e di uccelli, indicano un territorio di caccia che si estendeva dalla prateria alpina degli alti Lessini all’ambiente umido ai piedi delle colline, con prevalenza di specie di prateria alpina e di ambiente roccioso (stambecco, camoscio, bisonte/uro, lepre alpina, marmotta, gracchio, cornacchia) su quelle legate al bosco (cervo, capriolo, megacero, fagiano di monte, tordela). Tra la fauna sono presenti anche carnivori , dei quali venivano probabilmente sfruttate le pellicce. I materiali litici utilizzati provengono dai Lessini, tranne la radiolarite dalla quale venne ottenuto un piccolo numero di armature. La selce era raccolta negli affioramenti sotto forma di noduli o di piccoli blocchi, e in minor misura in depositi torrentizi e suoli. E’ evidente una scelta della materia prima, che teneva conto delle caratteristiche tessiturali dei litotipi, delle dimensioni di arnioni e blocchi, e delle altre caratteristiche che potevano influire sull’attitudine del materiale ad ottenere i prodotti voluti. Il materiale grezzo veniva lavorato quasi tutto nella grotta, secondo due schemi operativi diversi, che prevedevano uno la messa in forma di un nucleo di grandi dimensioni, ridotto progressivamente per ottenere prima prodotti laminari quindi prodotti lamellari, l’altro l’esclusiva produzione di lamelle. Coi prodotti laminari venivano confezionati grattatoi, bulini, lame ritoccate ; con le lamelle piccole punte e lamelle con margini ritoccati destinate ad essere inserite in supporti lignei per ricavarne armi da getto, coltelli ed altri strumenti. Il palco dei cervidi e l’osso erano utilizzati per fabbricare punte di zagaglia , punteruoli, spatole, perforatori. Il deposito aurignaziano ha dato anche un buon numero di ogetti ornamentali : quattro denti di cervo con una solcatura alla base della radice e 723 conchiglie marine appartenenti a 58 taxa, contemporanee dell’occupazione aurignaziana, raccolte tra il detrito conchigliare delle coste mediterranee. Il loro approvvigionamento può essere il risultato di apposite spedizioni o di scambi ; è tuttavia evidente una selezione che ha privilegiato le forme più piccole con ornamentazione appariscente. La metà di esse è forata. Va infine ricordata una costa di erbivoro decorata da gruppi di tacche finemente incise. La distribuzione degli strumenti, delle armature e delle comchiglie ha messo in evidenza strutture latenti che consentono di avanzare ipotesi sull’organizzazione spaziale dell’abitato aurignaziano.
2005
Aurignaziano; strutture; grotta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/520891
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