Difficile accettare, ontologicamente, il principio secondo il quale, come nel caso della medicina-legale, la verità scientifica deve convincere una comunità (il processo penale inteso come metafora della vita sociale) nella quale il peso di tali affermazioni scientifiche condiziona, per gran parte, scelte controverse ed irrevocabili decisioni, con ricadute su terzi, come avviene nel dibattito giudiziario, dove le sorti dell’indagato, e i “fiumi delle diverse verità”, hanno conseguenze in termini di contrastate e irrisolte controversie scientifiche o, peggio, di pene e/o di assoluzioni di cui il tecnico, lo scienziato, è primariamente responsabile. Al sistema giuridico si chiede, con rinnovata forza, con insistenza, di lasciare agli scienziati la soluzione delle controversie tecniche e, perfino l’idea di un “tribunale della scienza”, ha nuovamente suscitato non sopito entusiasmo. Al tempo stesso, la crescita del sapere ha però rinforzato alcuni timori archetipici nei riguardi della scienza e della tecnologia . Ogni tecnica, ogni interpretazione di natura “scientifica” ha, inevitabilmente, il suo tasso di errore, tanto da doverne, necessariamente, verificare dapprima la “bontà” valoriale e, successivamente, la “validità” scientifica proprio in funzione dello scopo della indagine. Procedimenti cruciali nel governo della “repubblica della scienza”, come la peer review, i finanziamenti, l’attività didattica, le pubblicazioni, la gestione dei laboratori, rimangono fuori dal campo di azione delle Corti, ed è in queste circostanze che le Corti stesse devono far fronte alle discrepanze tra le pretese idealizzate della scienza a godere di uno speciale status e le sue effettive ricadute sociali . In particolar modo, quando il dato scientifico risulti “debole”, da parte del Giudice che deve comunque ricostruire il fatto di reato nelle sue dimensioni storico/temporali e causali, il dato stesso dovrà essere integrato con diverse categorie concettuali proprie del ragionamento giuridico, utilizzando elementi processualmente emergenti e procedendo alla loro attenta valutazione logico/fattuale (o controfattuale) sia nella autonomia di tali dati scientifici sia in una loro lettura integrata.

La valutazione qualitativa delle evidenze scientifiche nel processo: Aspettando Godot?

NERI, Margherita;
2013

Abstract

Difficile accettare, ontologicamente, il principio secondo il quale, come nel caso della medicina-legale, la verità scientifica deve convincere una comunità (il processo penale inteso come metafora della vita sociale) nella quale il peso di tali affermazioni scientifiche condiziona, per gran parte, scelte controverse ed irrevocabili decisioni, con ricadute su terzi, come avviene nel dibattito giudiziario, dove le sorti dell’indagato, e i “fiumi delle diverse verità”, hanno conseguenze in termini di contrastate e irrisolte controversie scientifiche o, peggio, di pene e/o di assoluzioni di cui il tecnico, lo scienziato, è primariamente responsabile. Al sistema giuridico si chiede, con rinnovata forza, con insistenza, di lasciare agli scienziati la soluzione delle controversie tecniche e, perfino l’idea di un “tribunale della scienza”, ha nuovamente suscitato non sopito entusiasmo. Al tempo stesso, la crescita del sapere ha però rinforzato alcuni timori archetipici nei riguardi della scienza e della tecnologia . Ogni tecnica, ogni interpretazione di natura “scientifica” ha, inevitabilmente, il suo tasso di errore, tanto da doverne, necessariamente, verificare dapprima la “bontà” valoriale e, successivamente, la “validità” scientifica proprio in funzione dello scopo della indagine. Procedimenti cruciali nel governo della “repubblica della scienza”, come la peer review, i finanziamenti, l’attività didattica, le pubblicazioni, la gestione dei laboratori, rimangono fuori dal campo di azione delle Corti, ed è in queste circostanze che le Corti stesse devono far fronte alle discrepanze tra le pretese idealizzate della scienza a godere di uno speciale status e le sue effettive ricadute sociali . In particolar modo, quando il dato scientifico risulti “debole”, da parte del Giudice che deve comunque ricostruire il fatto di reato nelle sue dimensioni storico/temporali e causali, il dato stesso dovrà essere integrato con diverse categorie concettuali proprie del ragionamento giuridico, utilizzando elementi processualmente emergenti e procedendo alla loro attenta valutazione logico/fattuale (o controfattuale) sia nella autonomia di tali dati scientifici sia in una loro lettura integrata.
2013
Fineschi, V; Frati, P; Neri, Margherita; Pomara, C; Riezzo, I; Turillazzi, E.
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