Questo volume raccoglie alcuni degli esiti di una giornata di studi – promossa dall'Istituto di Studi Rinascimentali, dai Musei d’Arte Antica e Storico Scientifici del Comune di Ferrara, dal Dipartimento di Architettura di Ferrara – voluta per celebrare il bicentenario dell’inaugurazione del cimitero comunale di Ferrara (1813-2013). La Certosa di Ferrara, una città nella città, il titolo scelto per l’iniziativa, desiderava sottolineare la scala urbana di questo grande complesso che misura oggi, dopo gli interventi ottocenteschi, circa 6,5 ettari nella sua sola parte monumentale. La costruzione della Certosa ferrarese è legata alla figura di Borso d’Este (1413-1471), signore di Ferrara, succeduto nel 1450 al fratello Lionello. L’ideazione e la realizzazione di questa architettura, molto complessa in termini di organizzazione funzionale e spaziale, fu certamente una delle azioni progettuali più difficili e impegnative per il giovane Duca che, desideroso di poter vivere vicino ai monaci, non potendo accedere alla clausura, volle costruirvi di fianco un palazzo in cui poter soggiornare, a testimonianza della sua grande devozione. All’interno del grande claustro Borso ottenne di essere tumulato, in prossimità delle sepolture monastiche, in condizioni modeste e umili, lui che in vita era stato amante della ricchezza e dell’eleganza. Le sue spoglie sono conservate ancora oggi nell’esedra in asse all’ingresso centrale. Le relazioni presentate nel corso della giornata di studi hanno avuto come primo obbiettivo quello di mettere in relazione l’impianto ferrarese con la tipologia architettonica dei monasteri certosini in area italiana. Gli interventi della Curatrice (La Certosa di Borso d’Este: geometria e misura di un progetto rinascimentale), di Giovanni Leoncini (San Cristoforo alla Certosa e l’architettura delle chiese certosine), di Stefano Bertocci con Graziella Del Duca (Il complesso di Serra San Bruno: da primitivo centro eremitico a monastero, evoluzione storica della prima certosa d’Italia), hanno approfondito alcuni aspetti della forma, della misura e dell’organizzazione funzionale della casa superior, della casa inferior e della chiesa certosina. La seconda parte dei lavori è stata invece dedicata alla seconda vita del complesso monastico, adattato a nuovo cimitero cittadino a partire dall’espropriazione napoleonica. Gli interventi di Francesco Ceccarelli (Il cimitero della Certosa di Bologna in età napoleonica), Michela Rossi (L’altra città: forma, numero e misura nell’Ottagono della Villetta a Parma) e Matteo Cassani Simonetti (Ferdinando Canonici e i progetti per la Certosa di Ferrara nel corso dell’Ottocento), partendo dalle motivazioni legislative e sanitarie che produssero in tutte le città italiane riflessioni sul problema delle sepolture, hanno analizzato i criteri con cui alcuni edifici vennero nel tempo adattati a usi diversi da quelli originari, mentre altri, contemporaneamente, vennero progettati ex-novo. Il cimitero ferrarese, la cui progettazione fu fortemente influenzata dalle circostanze determinatesi qualche anno prima nel cantiere della Certosa di Bologna, costituisce un esempio rilevante della trasformazione di un’architettura esistente, capace di interpretare e unire la tipologia certosina con quella cimiteriale. Le ragioni geometriche, metriche, tipologiche, formali, estetiche, storiche, e legislative, di volta in volta chiamate in gioco dai diversi saggi proposti in questo volume, hanno suggerito di affiancare al titolo un sottotitolo – La configurazione dello spazio tra disegno e progetto – per evidenziare la natura trasversale dei cinque saggi editi, in relazione alle conoscenze, agli strumenti, al dibattito culturale e agli eventi storici, nella definizione dei progetti (quello certosino prima e quello cimiteriale poi) e nella configurazione dello spazio. In occasione della giornata ha avuto luogo la mostra dei Rilievi della Certosa di Ferrara, realizzati a partire dall’attività didattica dei Corsi di Rilievo 1 dell’Architettura del Dipartimento di Architettura di Ferrara (A.A. 2006-2010), rielaborati da Matteo Cassani Simonetti, con il coordinamento scientifico della Curatrice. I grafici esposti, in grande formato, sono stati riprodotti in scala nella sezione del volume dedicata all’Atlante (pp. 158-215). In conclusione sono riprodotte (pp. 216-237) le raffinate tavole edite da Ferdinando Canonici in: L’antica Certosa di Ferrara accomodata a publico campo-santo da Ferdinando Canonici (1851). L’opera a stampa, di grande formato, comprende circa ottanta pagine di testo con cui l’autore consegna a futura memoria il suo progetto e 17 tavole tra cui la splendida incisione di Pividor proposta anche nella copertina del volume.

La Certosa di Ferrara: una città nella città. La configurazione dello spazio tra disegno e progetto

INCERTI, Manuela
2016

Abstract

Questo volume raccoglie alcuni degli esiti di una giornata di studi – promossa dall'Istituto di Studi Rinascimentali, dai Musei d’Arte Antica e Storico Scientifici del Comune di Ferrara, dal Dipartimento di Architettura di Ferrara – voluta per celebrare il bicentenario dell’inaugurazione del cimitero comunale di Ferrara (1813-2013). La Certosa di Ferrara, una città nella città, il titolo scelto per l’iniziativa, desiderava sottolineare la scala urbana di questo grande complesso che misura oggi, dopo gli interventi ottocenteschi, circa 6,5 ettari nella sua sola parte monumentale. La costruzione della Certosa ferrarese è legata alla figura di Borso d’Este (1413-1471), signore di Ferrara, succeduto nel 1450 al fratello Lionello. L’ideazione e la realizzazione di questa architettura, molto complessa in termini di organizzazione funzionale e spaziale, fu certamente una delle azioni progettuali più difficili e impegnative per il giovane Duca che, desideroso di poter vivere vicino ai monaci, non potendo accedere alla clausura, volle costruirvi di fianco un palazzo in cui poter soggiornare, a testimonianza della sua grande devozione. All’interno del grande claustro Borso ottenne di essere tumulato, in prossimità delle sepolture monastiche, in condizioni modeste e umili, lui che in vita era stato amante della ricchezza e dell’eleganza. Le sue spoglie sono conservate ancora oggi nell’esedra in asse all’ingresso centrale. Le relazioni presentate nel corso della giornata di studi hanno avuto come primo obbiettivo quello di mettere in relazione l’impianto ferrarese con la tipologia architettonica dei monasteri certosini in area italiana. Gli interventi della Curatrice (La Certosa di Borso d’Este: geometria e misura di un progetto rinascimentale), di Giovanni Leoncini (San Cristoforo alla Certosa e l’architettura delle chiese certosine), di Stefano Bertocci con Graziella Del Duca (Il complesso di Serra San Bruno: da primitivo centro eremitico a monastero, evoluzione storica della prima certosa d’Italia), hanno approfondito alcuni aspetti della forma, della misura e dell’organizzazione funzionale della casa superior, della casa inferior e della chiesa certosina. La seconda parte dei lavori è stata invece dedicata alla seconda vita del complesso monastico, adattato a nuovo cimitero cittadino a partire dall’espropriazione napoleonica. Gli interventi di Francesco Ceccarelli (Il cimitero della Certosa di Bologna in età napoleonica), Michela Rossi (L’altra città: forma, numero e misura nell’Ottagono della Villetta a Parma) e Matteo Cassani Simonetti (Ferdinando Canonici e i progetti per la Certosa di Ferrara nel corso dell’Ottocento), partendo dalle motivazioni legislative e sanitarie che produssero in tutte le città italiane riflessioni sul problema delle sepolture, hanno analizzato i criteri con cui alcuni edifici vennero nel tempo adattati a usi diversi da quelli originari, mentre altri, contemporaneamente, vennero progettati ex-novo. Il cimitero ferrarese, la cui progettazione fu fortemente influenzata dalle circostanze determinatesi qualche anno prima nel cantiere della Certosa di Bologna, costituisce un esempio rilevante della trasformazione di un’architettura esistente, capace di interpretare e unire la tipologia certosina con quella cimiteriale. Le ragioni geometriche, metriche, tipologiche, formali, estetiche, storiche, e legislative, di volta in volta chiamate in gioco dai diversi saggi proposti in questo volume, hanno suggerito di affiancare al titolo un sottotitolo – La configurazione dello spazio tra disegno e progetto – per evidenziare la natura trasversale dei cinque saggi editi, in relazione alle conoscenze, agli strumenti, al dibattito culturale e agli eventi storici, nella definizione dei progetti (quello certosino prima e quello cimiteriale poi) e nella configurazione dello spazio. In occasione della giornata ha avuto luogo la mostra dei Rilievi della Certosa di Ferrara, realizzati a partire dall’attività didattica dei Corsi di Rilievo 1 dell’Architettura del Dipartimento di Architettura di Ferrara (A.A. 2006-2010), rielaborati da Matteo Cassani Simonetti, con il coordinamento scientifico della Curatrice. I grafici esposti, in grande formato, sono stati riprodotti in scala nella sezione del volume dedicata all’Atlante (pp. 158-215). In conclusione sono riprodotte (pp. 216-237) le raffinate tavole edite da Ferdinando Canonici in: L’antica Certosa di Ferrara accomodata a publico campo-santo da Ferdinando Canonici (1851). L’opera a stampa, di grande formato, comprende circa ottanta pagine di testo con cui l’autore consegna a futura memoria il suo progetto e 17 tavole tra cui la splendida incisione di Pividor proposta anche nella copertina del volume.
2016
9788869231629
Certosa di Ferrara, Borso d'Este, Biagio Rossetti, Rilievo, Certosa di Bologna, Cimitero della Villetta
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/2354985
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact