Joaquim Guedes ha detto di Lucio Costa: "Questa è considerata la più grande umiltà del Brasile...". Sono in disaccordo con il mio caro amico. La più grande umiltà del Brasile era Lelé. Aveva una storia di vita che popolava i sogni di ogni giovane studente di architettura. Lasciò Rio de Janeiro, si ritrovò immerso in Brasilia: voleva vedere come si faceva una città, un paese. Ci rimase per lungo tempo, fece architettura, fece città, contribuì alla costruzione del paese, si fece molti amici. Quindi questa energia che spinge i più avventurosi, gli inquieti, gli irrequieti, gli indignati, lo portò fino a Salvador di Bahia. Ancora una volta l'avventura, la scoperta. Anche in questo caso la ricerca sul come fare architettura e urbanistica con la gente e per la gente. Ancora una volta il desiderio di fare una città, un paese. Con l'eccellenza del network Sarah, con la mobilità delle passerelle di Salvador, con la sfida del CIACS (un grande progetto distrutto da una politica di sola ostentazione che ci condanna), con l’utilizzo di fossi e condotti prefabbricati per aumentare la salute pubblica nelle città. Con il radicalismo della “fábrica de cidades”. Homo Faber, questo è Lelé. Quello che ho sempre pensato di lui è che era il genio che inventava il pezzo da produrre... e progettava la fabbrica! Un modo per essere libero, indipendente, come diceva. La nostra ultima conversazione, molto tempo fa. Stava preparando una mostra e fu così folle nella progettazione di un ascensore che mi mostrò, che tentai in ogni modo di metterne uno simile dentro all’edificio OCA di Oscar Niemeyer. Mi raccontava delle possibilità di utilizzo... parlava della vecchia signora che prende suo nipote in grembo, portando la spesa nella borsa. E rimanemmo lì a vedere se fosse stato possibile. Naturalmente lo sarebbe stato, se fosse dipeso da lui. Quando, nel 2010, gli abbiamo detto che lui e il suo lavoro erano stati l'ispirazione principale della scelta del tema e la definizione della frase di sintesi di quello che volevamo mostrare alla nona biennale... per un attimo ho visto i suoi occhi inumidirsi; forse un secondo di eccitazione che abbiamo provocato nel Saggio. Lui, invece, ha trascorso la vita emozionandoci!! In silenzio, con l’umiltà e la serenità dei veri avventurieri. Grazie per tutto Lelé! A noi resta solamente proseguire il percorso e continuare a credere nella possibilità di una "architettura per tutti per costruire la cittadinanza".

DOSSIER JOÃO FILGUEIRAS LIMA

ROSSATO, Luca;
2014

Abstract

Joaquim Guedes ha detto di Lucio Costa: "Questa è considerata la più grande umiltà del Brasile...". Sono in disaccordo con il mio caro amico. La più grande umiltà del Brasile era Lelé. Aveva una storia di vita che popolava i sogni di ogni giovane studente di architettura. Lasciò Rio de Janeiro, si ritrovò immerso in Brasilia: voleva vedere come si faceva una città, un paese. Ci rimase per lungo tempo, fece architettura, fece città, contribuì alla costruzione del paese, si fece molti amici. Quindi questa energia che spinge i più avventurosi, gli inquieti, gli irrequieti, gli indignati, lo portò fino a Salvador di Bahia. Ancora una volta l'avventura, la scoperta. Anche in questo caso la ricerca sul come fare architettura e urbanistica con la gente e per la gente. Ancora una volta il desiderio di fare una città, un paese. Con l'eccellenza del network Sarah, con la mobilità delle passerelle di Salvador, con la sfida del CIACS (un grande progetto distrutto da una politica di sola ostentazione che ci condanna), con l’utilizzo di fossi e condotti prefabbricati per aumentare la salute pubblica nelle città. Con il radicalismo della “fábrica de cidades”. Homo Faber, questo è Lelé. Quello che ho sempre pensato di lui è che era il genio che inventava il pezzo da produrre... e progettava la fabbrica! Un modo per essere libero, indipendente, come diceva. La nostra ultima conversazione, molto tempo fa. Stava preparando una mostra e fu così folle nella progettazione di un ascensore che mi mostrò, che tentai in ogni modo di metterne uno simile dentro all’edificio OCA di Oscar Niemeyer. Mi raccontava delle possibilità di utilizzo... parlava della vecchia signora che prende suo nipote in grembo, portando la spesa nella borsa. E rimanemmo lì a vedere se fosse stato possibile. Naturalmente lo sarebbe stato, se fosse dipeso da lui. Quando, nel 2010, gli abbiamo detto che lui e il suo lavoro erano stati l'ispirazione principale della scelta del tema e la definizione della frase di sintesi di quello che volevamo mostrare alla nona biennale... per un attimo ho visto i suoi occhi inumidirsi; forse un secondo di eccitazione che abbiamo provocato nel Saggio. Lui, invece, ha trascorso la vita emozionandoci!! In silenzio, con l’umiltà e la serenità dei veri avventurieri. Grazie per tutto Lelé! A noi resta solamente proseguire il percorso e continuare a credere nella possibilità di una "architettura per tutti per costruire la cittadinanza".
2014
Rossato, Luca; D., Azevedo
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