Il carattere peculiare e la complessa eterogeneità dei paesaggi urbani delle nostre città richiedono programmi di rigenerazione basati su soluzioni altrettanto specifiche e non meno complesse. Gli interventi nei centri storici, in particolare, devono affrontare problemi derivanti dalla sovrapposizione, sui naturali e lenti processi di trasformazione, di violenti e repentini fenomeni di trasfigurazione dei caratteri identitari e degli equilibri sociali. Questi fenomeni determinano fratture e soluzioni di continuità nel tessuto urbano, marginalizzano luoghi o interi comparti dei centri storici e generano degrado e disagio sociale. I caratteri e gli equilibri che si tende a ripristinare sono, d’altro canto, il risultato di processi basati su dinamiche e regole che è possibile identificare ma non omologare: ciò rende quantomeno inadatte – se non dannose – le strategie basate sull’ipertrofia del quadro normativo e la conseguente standardizzazione delle soluzioni in grado di rispettarne le prescrizioni. L’identità dei centri storici e, più in generale, delle aree urbane, al di là dalla loro caratterizzazione (urbanistica, architettonica, paesaggistica, etc), è un valore che dipende in larga misura dal modo in cui gli spazi e gli edifici vengono percepiti e utilizzati. Le trasformazioni che, dal secondo dopoguerra a oggi, hanno investito in maniera più o meno invasiva i centri storici, hanno ridotto, spesso irreversibilmente, il reticolo multiforme e diversificato di funzioni, attività e destinazioni d’uso tra loro integrate in un tessuto connettivo fatto a sua volta di percorsi, nodi, riferimenti, margini. Un tessuto fatto di case abitate dai residenti, edifici pubblici, uffici e attività commerciali, distribuiti e connessi in un sistema di strade, piazze e spazi pubblici secondo modelli e regole espressione della loro storia e quindi della loro identità. I processi di terziarizzazione sono stati, senza dubbio, il fenomeno più ricorrente, spesso ulteriormente accentuato nei suoi effetti, dalla specializzazione territoriale di determinate funzioni e destinazioni d’uso. Ciò ha alterato i valori della rendita fondiaria e del mercato immobiliare, ha impoverito l’offerta di servizi pubblici e, dunque, ha progressivamente ridimensionato la presenza (e sostanzialmente mutato il profilo) dei residenti. In quelle zone dei centri storici che hanno subito il processo di terziarizzazione e specializzazione in modo più consistente, si assiste così a una sorta di replica, magari “glamour” e patinata, della condizione tipica delle periferie: la “desertificazione” negli orari o nelle intere giornate di chiusura di negozi e uffici. È un deserto nel quale luccica qualche vetrina rimasta accesa ma dove prevalgono le facciate spente di interi edifici che ospitano uffici o depositi di esercizi commerciali. Vanno poi considerati, nel caso di situazioni più problematiche sul piano economico o sociale, i fenomeni di marginalizzazione e degrado innescati da fattori di varia natura che disattivano il sistema di relazioni tra i luoghi e creano punti di discontinuità: abbandono di funzioni, presenza di elementi di cesura, barriere che rendono difficile o impossibile la fruizione di spazi e servizi pubblici. Il testo, dopo aver approfondito tali temi, prende in esame i risultati di due workshop didattici realizzati a Vignola nel 2008 e a Brindisi nel 2010 finalizzati alla definizione di strategie e progetti di rigenerazione di comparti marginalizzati o “disconnessi”.

Strategie di riconnessione

DI GIULIO, Roberto
2013

Abstract

Il carattere peculiare e la complessa eterogeneità dei paesaggi urbani delle nostre città richiedono programmi di rigenerazione basati su soluzioni altrettanto specifiche e non meno complesse. Gli interventi nei centri storici, in particolare, devono affrontare problemi derivanti dalla sovrapposizione, sui naturali e lenti processi di trasformazione, di violenti e repentini fenomeni di trasfigurazione dei caratteri identitari e degli equilibri sociali. Questi fenomeni determinano fratture e soluzioni di continuità nel tessuto urbano, marginalizzano luoghi o interi comparti dei centri storici e generano degrado e disagio sociale. I caratteri e gli equilibri che si tende a ripristinare sono, d’altro canto, il risultato di processi basati su dinamiche e regole che è possibile identificare ma non omologare: ciò rende quantomeno inadatte – se non dannose – le strategie basate sull’ipertrofia del quadro normativo e la conseguente standardizzazione delle soluzioni in grado di rispettarne le prescrizioni. L’identità dei centri storici e, più in generale, delle aree urbane, al di là dalla loro caratterizzazione (urbanistica, architettonica, paesaggistica, etc), è un valore che dipende in larga misura dal modo in cui gli spazi e gli edifici vengono percepiti e utilizzati. Le trasformazioni che, dal secondo dopoguerra a oggi, hanno investito in maniera più o meno invasiva i centri storici, hanno ridotto, spesso irreversibilmente, il reticolo multiforme e diversificato di funzioni, attività e destinazioni d’uso tra loro integrate in un tessuto connettivo fatto a sua volta di percorsi, nodi, riferimenti, margini. Un tessuto fatto di case abitate dai residenti, edifici pubblici, uffici e attività commerciali, distribuiti e connessi in un sistema di strade, piazze e spazi pubblici secondo modelli e regole espressione della loro storia e quindi della loro identità. I processi di terziarizzazione sono stati, senza dubbio, il fenomeno più ricorrente, spesso ulteriormente accentuato nei suoi effetti, dalla specializzazione territoriale di determinate funzioni e destinazioni d’uso. Ciò ha alterato i valori della rendita fondiaria e del mercato immobiliare, ha impoverito l’offerta di servizi pubblici e, dunque, ha progressivamente ridimensionato la presenza (e sostanzialmente mutato il profilo) dei residenti. In quelle zone dei centri storici che hanno subito il processo di terziarizzazione e specializzazione in modo più consistente, si assiste così a una sorta di replica, magari “glamour” e patinata, della condizione tipica delle periferie: la “desertificazione” negli orari o nelle intere giornate di chiusura di negozi e uffici. È un deserto nel quale luccica qualche vetrina rimasta accesa ma dove prevalgono le facciate spente di interi edifici che ospitano uffici o depositi di esercizi commerciali. Vanno poi considerati, nel caso di situazioni più problematiche sul piano economico o sociale, i fenomeni di marginalizzazione e degrado innescati da fattori di varia natura che disattivano il sistema di relazioni tra i luoghi e creano punti di discontinuità: abbandono di funzioni, presenza di elementi di cesura, barriere che rendono difficile o impossibile la fruizione di spazi e servizi pubblici. Il testo, dopo aver approfondito tali temi, prende in esame i risultati di due workshop didattici realizzati a Vignola nel 2008 e a Brindisi nel 2010 finalizzati alla definizione di strategie e progetti di rigenerazione di comparti marginalizzati o “disconnessi”.
2013
9788862420846
RIGENERAZIONE URBANA; CENTRI STORICI; MANUTENZIONE URBANA
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