La pietra artificiale realizzata con legante cementizio contraddistingue almeno quattro decenni dell'architettura novecentesca, dalle prime esperienze liberty sino all'architettura del ventennio fascista. Con l’introduzione massiccia del cemento come materiale da costruzione, i tradizionali prodotti di mimesi della pietra naturale vengono inevitabilmente soppiantati da nuovi procedimenti. In una stagione culturale caratterizzata dalle forme eclettiche e liberty, l’utilizzo del litocemento in architettura trova un diffusissimo riscontro, favorito da almeno tre fattori: l’economicità rispetto alla pietra naturale, la facilità di modellazione o di formatura, e l’utilizzo del cemento, materiale sul quale si ripongono grandi aspettative costruttive. Anche con il decadere del gusto liberty, e il diffondersi di linee razionaliste, permane l’utilizzo intensivo della pietra artificiale, non più come elemento d’ornato, ma prevalentemente come materiale da rivestimento, più economico e più plasmabile della pietra naturale. Il cemento, opportunamente pigmentato e miscelato con sabbia fine e polveri di pietre, permette di imitare una amplissima varietà di materiali lapidei: i risultati estetici che ne derivano sono particolarmente efficaci e il materiale così ottenuto può facilmente ricevere, prima della presa definitiva, le finiture tipiche della pietra naturale. Il risultato di questo processo è un materiale complesso, articolato, continuamente variabile da caso a caso e sempre originale nelle sue specificità materiche, costruttive e degradative. La pietra artificiale è il risultato di elaborazioni tecnologico-industriali unite ad abilità e saperi manuali e artigiani, che danno origine a manufatti di qualità e a un sistema costruttivo complesso e originale. Pur diffondendosi come risposta industriale alla pietra naturale (lo dimostra un considerevole numero di brevetti depositati nei primi due decenni del novecento), permane indissolubile il legame alla lavorazione tradizionale di bottega, soprattutto nella fase di realizzazione e di finitura: a questa dualità corrisponde oggi una particolare difficoltà nel valutare correttamente gli interventi manutentivi e di restauro. L’esaltata “eternità” del cemento si è ormai rivelata non veritiera e molte facciate ed elementi in pietra artificiale hanno già da tempo mostrato segni di avanzato degrado e manifestato la necessità di adeguati interventi. È fondamentale notare come le pietre artificiali non si degradano seguendo i normali processi cui sono soggetti i lapidei naturali, ma seguono più specificamente processi assimilabili a quelli delle malte o degli intonaci, talvolta a quelli del calcestruzzo armato. Pertanto è indispensabile un recupero 'culturale' e tecnico di questa produzione: la necessaria conoscenza delle tecniche di realizzazione, di formatura e posa in opera è preliminare a un'adeguata conservazione. I manufatti in pietra artificiale costituiscono il risultato di raffinate elaborazioni tecnologiche e al tempo stesso sono il prodotto di una attività artigianale, spesso intrisa di volontà artistica, che impone una attenta riflessione nel momento in cui si intraprende e si definisce un intervento non solo di restauro ma anche di semplice manutenzione, da concepirsi non come tecnica generalizzata, ma come intervento puntuale e specifico da valutare e da “progettare” attentamente per ogni singolo caso.

Le pietre artificiali nelle architetture del ventennio fascista. Tecnologia di realizzazione e problemi di conservazione

ROCCHI, Luca
2012

Abstract

La pietra artificiale realizzata con legante cementizio contraddistingue almeno quattro decenni dell'architettura novecentesca, dalle prime esperienze liberty sino all'architettura del ventennio fascista. Con l’introduzione massiccia del cemento come materiale da costruzione, i tradizionali prodotti di mimesi della pietra naturale vengono inevitabilmente soppiantati da nuovi procedimenti. In una stagione culturale caratterizzata dalle forme eclettiche e liberty, l’utilizzo del litocemento in architettura trova un diffusissimo riscontro, favorito da almeno tre fattori: l’economicità rispetto alla pietra naturale, la facilità di modellazione o di formatura, e l’utilizzo del cemento, materiale sul quale si ripongono grandi aspettative costruttive. Anche con il decadere del gusto liberty, e il diffondersi di linee razionaliste, permane l’utilizzo intensivo della pietra artificiale, non più come elemento d’ornato, ma prevalentemente come materiale da rivestimento, più economico e più plasmabile della pietra naturale. Il cemento, opportunamente pigmentato e miscelato con sabbia fine e polveri di pietre, permette di imitare una amplissima varietà di materiali lapidei: i risultati estetici che ne derivano sono particolarmente efficaci e il materiale così ottenuto può facilmente ricevere, prima della presa definitiva, le finiture tipiche della pietra naturale. Il risultato di questo processo è un materiale complesso, articolato, continuamente variabile da caso a caso e sempre originale nelle sue specificità materiche, costruttive e degradative. La pietra artificiale è il risultato di elaborazioni tecnologico-industriali unite ad abilità e saperi manuali e artigiani, che danno origine a manufatti di qualità e a un sistema costruttivo complesso e originale. Pur diffondendosi come risposta industriale alla pietra naturale (lo dimostra un considerevole numero di brevetti depositati nei primi due decenni del novecento), permane indissolubile il legame alla lavorazione tradizionale di bottega, soprattutto nella fase di realizzazione e di finitura: a questa dualità corrisponde oggi una particolare difficoltà nel valutare correttamente gli interventi manutentivi e di restauro. L’esaltata “eternità” del cemento si è ormai rivelata non veritiera e molte facciate ed elementi in pietra artificiale hanno già da tempo mostrato segni di avanzato degrado e manifestato la necessità di adeguati interventi. È fondamentale notare come le pietre artificiali non si degradano seguendo i normali processi cui sono soggetti i lapidei naturali, ma seguono più specificamente processi assimilabili a quelli delle malte o degli intonaci, talvolta a quelli del calcestruzzo armato. Pertanto è indispensabile un recupero 'culturale' e tecnico di questa produzione: la necessaria conoscenza delle tecniche di realizzazione, di formatura e posa in opera è preliminare a un'adeguata conservazione. I manufatti in pietra artificiale costituiscono il risultato di raffinate elaborazioni tecnologiche e al tempo stesso sono il prodotto di una attività artigianale, spesso intrisa di volontà artistica, che impone una attenta riflessione nel momento in cui si intraprende e si definisce un intervento non solo di restauro ma anche di semplice manutenzione, da concepirsi non come tecnica generalizzata, ma come intervento puntuale e specifico da valutare e da “progettare” attentamente per ogni singolo caso.
2012
9788895409160
Pietre artificiali; Falsa pietra; Cemento; Autarchia; Restauro
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