In questo capitolo, in continuità con un’idea di psicopatologia evolutiva che pone l’attenzione sulla dimensione relazionale, si affronta la questione della diagnosi psicopatologica in età evolutiva, attraverso il riferimento specifico agli strumenti di classificazione della psicopatologia stessa: il Manuale Diagnostico Statistico dei disturbi mentali (DSM) nella sua quarta edizione (DSM-IV-Tr; APA, 2000), l’International Classification of Diseases (ICD-10, WMH, 1992) alla sua decima edizione e la Classificazione Diagnostica 0-3 (Zero-to-Three, 1994) di recente introduzione; sistemi che si basano su un approccio che cerca di essere ateoretico, cioè svincolato da un modello concettuale di riferimento rispetto alle cause (eziologia) e al processo fisiopatologico all’origine del disturbo, teso ad identificare categorie, ovvero sindromi omogenee e distinte, e fondato su criteri diagnostici che permettono di rilevare i sintomi ricorrendo ad un livello di inferenza minimo. La discussione condotta è orientata ad evidenziare che i sistemi/strumenti diagnostici appena indicati, pur proponendosi un approccio innovativo alla classificazione psicopatologica in età evolutiva, non riescono a riconoscere adeguatamente alcuni aspetti importanti dal punto di vista dello sviluppo, come, per esempio la centralità della relazione caregiver-bambino nella strutturazione e nel mantenimento della patologia. Ne deriva la necessità di porre l’enfasi sulla possibilità di comprendere l’interazione dinamica tra le caratteristiche del bambino e quelle dell’adulto nella relazione, così come sulle influenze della qualità della relazione stessa sui funzionamenti individuali. Secondo tale prospettiva, lo sforzo teorico e metodologico nella descrizione e nella classificazione dei disturbi in età evolutiva deve riguardare la possibilità di determinare se i disturbi della relazione caregiver-bambino siano semplicemente caratteristiche associate o, piuttosto, parte integrante del disturbo dello sviluppo del bambino. In questo senso, sebbene i sistemi di classificazione diagnostica più recenti abbiano compiuto notevoli sforzi per integrare più di un focus relazionale, riuscire ad articolare e ridefinire un sistema di classificazione appropriato al modello della relazione resta una sfida tuttora in corso. Sulla base di questo approccio vengono pertanto dimostrati i limiti nella classificazione della psicopatologia evolutiva secondo il DSM-IV-Tr e anche secondo la classificazione O-3. L’ultima parte del capitolo pone l’enfasi su un orientamento transazionale che riconosce la mutua influenza di entrambi i soggetti coinvolti nella relazione, collocando il disturbo nella relazione specifica tra i due soggetti stessi, e sviluppando in modo particolare le diverse tipologie di intervento (riparazione, ridefinizione, rieducazione), in un’ottica teorica centrata su un’idea di relazione come costrutto globale.

I disturbi della relazione come nuove entità cliniche nella diagnosi e nell'intervento

BASTIANONI, Paola
2008

Abstract

In questo capitolo, in continuità con un’idea di psicopatologia evolutiva che pone l’attenzione sulla dimensione relazionale, si affronta la questione della diagnosi psicopatologica in età evolutiva, attraverso il riferimento specifico agli strumenti di classificazione della psicopatologia stessa: il Manuale Diagnostico Statistico dei disturbi mentali (DSM) nella sua quarta edizione (DSM-IV-Tr; APA, 2000), l’International Classification of Diseases (ICD-10, WMH, 1992) alla sua decima edizione e la Classificazione Diagnostica 0-3 (Zero-to-Three, 1994) di recente introduzione; sistemi che si basano su un approccio che cerca di essere ateoretico, cioè svincolato da un modello concettuale di riferimento rispetto alle cause (eziologia) e al processo fisiopatologico all’origine del disturbo, teso ad identificare categorie, ovvero sindromi omogenee e distinte, e fondato su criteri diagnostici che permettono di rilevare i sintomi ricorrendo ad un livello di inferenza minimo. La discussione condotta è orientata ad evidenziare che i sistemi/strumenti diagnostici appena indicati, pur proponendosi un approccio innovativo alla classificazione psicopatologica in età evolutiva, non riescono a riconoscere adeguatamente alcuni aspetti importanti dal punto di vista dello sviluppo, come, per esempio la centralità della relazione caregiver-bambino nella strutturazione e nel mantenimento della patologia. Ne deriva la necessità di porre l’enfasi sulla possibilità di comprendere l’interazione dinamica tra le caratteristiche del bambino e quelle dell’adulto nella relazione, così come sulle influenze della qualità della relazione stessa sui funzionamenti individuali. Secondo tale prospettiva, lo sforzo teorico e metodologico nella descrizione e nella classificazione dei disturbi in età evolutiva deve riguardare la possibilità di determinare se i disturbi della relazione caregiver-bambino siano semplicemente caratteristiche associate o, piuttosto, parte integrante del disturbo dello sviluppo del bambino. In questo senso, sebbene i sistemi di classificazione diagnostica più recenti abbiano compiuto notevoli sforzi per integrare più di un focus relazionale, riuscire ad articolare e ridefinire un sistema di classificazione appropriato al modello della relazione resta una sfida tuttora in corso. Sulla base di questo approccio vengono pertanto dimostrati i limiti nella classificazione della psicopatologia evolutiva secondo il DSM-IV-Tr e anche secondo la classificazione O-3. L’ultima parte del capitolo pone l’enfasi su un orientamento transazionale che riconosce la mutua influenza di entrambi i soggetti coinvolti nella relazione, collocando il disturbo nella relazione specifica tra i due soggetti stessi, e sviluppando in modo particolare le diverse tipologie di intervento (riparazione, ridefinizione, rieducazione), in un’ottica teorica centrata su un’idea di relazione come costrutto globale.
2008
9788843046928
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