Il corso di dottrina della scienza del 1811 (Wissenschaftslehre 1811) è un fondamentale documento dell’attività sistematica di Fichte nel periodo del suo insegnamento universitario alla neonata università di Berlino. Esse si contraddistinguono per la loro completezza e coerenza sistematica. I materiali autografi del corso che egli tenne nel 1810 infatti, probabilmente a causa della grave e lunga malattia che aveva colpito il filosofo nell’anno precedente, hanno un carattere piuttosto frammentario. Al contrario il testo delle ben trentotto lezioni tenute nel 1811 è compatto e concatenato da un’argomentazione deduttiva esplicitata e conseguente, sicché l’impressione che si ricava dalla sua lettura è quella di una solida unità. Lo stesso varrà anche per il corso che Fichte terrà nel 1812, il quale è anche corredato di una relativa suddivisione in parti e sottoparti (che nel 1811 è del tutto assente), mentre i due corsi tenuti negli anni 1813 e 1814 sono entrambi incompleti. La dottrina della scienza del 1811 si presenta espressamente come un sistema di filosofia trascendentale che, partendo dal concetto di un essere unitario quale unico portatore di realtà, deve comporre il conflitto logico tra l’essere cui il concetto fa riferimento e questo concetto stesso. L’essere così pensato è infatti talmente esclusivo, da non tollerare accanto a sé nemmeno l’esistenza del proprio concetto; il quale, dal canto suo è portatore di un’esistenza fattuale assolutamente innegabile. La via scelta da Fichte è quindi quella di pensare il concetto, e quindi il sapere, come essere fuori dall’essere ovvero come espressione o fenomeno dell’essere. Sulla base di questa premessa, presentata come soluzione della “questione dell’essere” posto da Spinoza grazie allo “strumento del fenomeno” offerto dalla filosofia critica kantiana, Fichte sviluppa l’intera dottrina della scienza nella forma di una fenomenologia, ovvero come analisi delle forme in cui il fenomeno dell’essere viene a costituirsi e quindi a manifestarsi all’interno del sapere. Tra queste forme un luogo centrale lo occupa la coscienza, quale luogo in cui il fenomeno appare a se stesso, e per questa ragione anche in questa esposizione della dottrina della scienza un ampio spazio centrale è dedicato all’analisi dell’io. Ma la coscienza a sua volta non è che una precisa forma che il sapere viene ad assumere nel dispiegarsi quale fenomeno dell’essere, sicché essa, in quanto tale, non ha alcuna autonoma funzione nel costituire il fenomeno, partecipando solo all’immanente legge del mettersi in forma propria del sapere. Così facendo Fichte assicura la propria posizione sistematica e, più in generale, la filosofia trascendentale, di cui egli qui intende esporre il compimento, contro l’accusa di nichilismo, nella sua duplice accezione, teoretica e morale. Dal punto di vista teoretico infatti il mondo è sì puro fenomeno, anzi automanifestazione del fenomeno nella coscienza, ma, appunto in quanto sapere, esso è fenomeno dell’essere ed è quindi ontologicamente radicato. Dal punto di vista morale questa prospettiva preserva il nostro agire nel mondo da due rischi. Dal materialismo, consistente nell’attribuire alle cose l’origine del sapere e che sfocia quindi in un feticismo che ascrivendo alle cose ogni valore vede in esse il fine ultimo di ogni nostra attività; ma anche dall’assoluta svalutazione del fenomeno, che è certo nulla, se comparato all’essere, ma è tutto se posto in relazione al sapere, dove esso si rivela anzi come manifestazione dell’essere. La fenomenologia fichtiana esposta nella dottrina della scienza del 1811 quindi, al termine dell’analisi delle forme del sapere, è in grado orientare la comprensione di sé entro il mondo fenomenico e, così facendo, superarsi come disciplina del sapere per realizzare un agire disciplinato, la saggezza quale forma di autocomprensione del fenomeno scientificamente fondata.

Vom Wissen zur Weisheit. Fichtes Wissenschaftslehre 1811

D'ALFONSO, Matteo Vincenzo
2005

Abstract

Il corso di dottrina della scienza del 1811 (Wissenschaftslehre 1811) è un fondamentale documento dell’attività sistematica di Fichte nel periodo del suo insegnamento universitario alla neonata università di Berlino. Esse si contraddistinguono per la loro completezza e coerenza sistematica. I materiali autografi del corso che egli tenne nel 1810 infatti, probabilmente a causa della grave e lunga malattia che aveva colpito il filosofo nell’anno precedente, hanno un carattere piuttosto frammentario. Al contrario il testo delle ben trentotto lezioni tenute nel 1811 è compatto e concatenato da un’argomentazione deduttiva esplicitata e conseguente, sicché l’impressione che si ricava dalla sua lettura è quella di una solida unità. Lo stesso varrà anche per il corso che Fichte terrà nel 1812, il quale è anche corredato di una relativa suddivisione in parti e sottoparti (che nel 1811 è del tutto assente), mentre i due corsi tenuti negli anni 1813 e 1814 sono entrambi incompleti. La dottrina della scienza del 1811 si presenta espressamente come un sistema di filosofia trascendentale che, partendo dal concetto di un essere unitario quale unico portatore di realtà, deve comporre il conflitto logico tra l’essere cui il concetto fa riferimento e questo concetto stesso. L’essere così pensato è infatti talmente esclusivo, da non tollerare accanto a sé nemmeno l’esistenza del proprio concetto; il quale, dal canto suo è portatore di un’esistenza fattuale assolutamente innegabile. La via scelta da Fichte è quindi quella di pensare il concetto, e quindi il sapere, come essere fuori dall’essere ovvero come espressione o fenomeno dell’essere. Sulla base di questa premessa, presentata come soluzione della “questione dell’essere” posto da Spinoza grazie allo “strumento del fenomeno” offerto dalla filosofia critica kantiana, Fichte sviluppa l’intera dottrina della scienza nella forma di una fenomenologia, ovvero come analisi delle forme in cui il fenomeno dell’essere viene a costituirsi e quindi a manifestarsi all’interno del sapere. Tra queste forme un luogo centrale lo occupa la coscienza, quale luogo in cui il fenomeno appare a se stesso, e per questa ragione anche in questa esposizione della dottrina della scienza un ampio spazio centrale è dedicato all’analisi dell’io. Ma la coscienza a sua volta non è che una precisa forma che il sapere viene ad assumere nel dispiegarsi quale fenomeno dell’essere, sicché essa, in quanto tale, non ha alcuna autonoma funzione nel costituire il fenomeno, partecipando solo all’immanente legge del mettersi in forma propria del sapere. Così facendo Fichte assicura la propria posizione sistematica e, più in generale, la filosofia trascendentale, di cui egli qui intende esporre il compimento, contro l’accusa di nichilismo, nella sua duplice accezione, teoretica e morale. Dal punto di vista teoretico infatti il mondo è sì puro fenomeno, anzi automanifestazione del fenomeno nella coscienza, ma, appunto in quanto sapere, esso è fenomeno dell’essere ed è quindi ontologicamente radicato. Dal punto di vista morale questa prospettiva preserva il nostro agire nel mondo da due rischi. Dal materialismo, consistente nell’attribuire alle cose l’origine del sapere e che sfocia quindi in un feticismo che ascrivendo alle cose ogni valore vede in esse il fine ultimo di ogni nostra attività; ma anche dall’assoluta svalutazione del fenomeno, che è certo nulla, se comparato all’essere, ma è tutto se posto in relazione al sapere, dove esso si rivela anzi come manifestazione dell’essere. La fenomenologia fichtiana esposta nella dottrina della scienza del 1811 quindi, al termine dell’analisi delle forme del sapere, è in grado orientare la comprensione di sé entro il mondo fenomenico e, così facendo, superarsi come disciplina del sapere per realizzare un agire disciplinato, la saggezza quale forma di autocomprensione del fenomeno scientificamente fondata.
2005
9789042018471
Fichte; Dottrina della Scienza; Filosofia trascendentale; idealismo; filosofia classica tedesca
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