I costi pluriennali restano fuori dal rinvio agli IAS, trattandosi di tematica appartenente alle valutazioni patrimoniali. Come per gli ammortamenti e gli accantonamenti, la qualificazione e la classificazione (per stabilire se si tratti di costi pluriennali o meno) devono essere però stabilite in base agli IAS. Sul punto la prassi contabile internazionale segue un criterio prudenziale, impedendo di rinviare oneri a futuri esercizi. Per lo IAS 38 sono, infatti, iscrivibili fra le immobilizzazioni immateriali come spese pluriennali soltanto le spese di sviluppo (purchè rispettino determinate condizioni), mentre le spese di ricerca generica, pubblicità, impianto e ampliamento devono essere obbligatoriamente spesate a conto economico, eliminando l’attuale possibilità di capitalizzazione. Fiscalmente, pertanto, le spese di pubblicità e di ricerca saranno sempre deducibili correntemente; e per esse si porrà casomai il problema se sia ancora possibile rinviarne la deduzione a successivi periodi d’imposta, come previsto dall’art. 108 T.U.I.R.. Per le “altre spese pluriennali” (cioè diverse da studi e ricerche e pubblicità e propaganda) l’art. 108, comma 3, T.U.I.R., fa in linea generale riferimento, per la misura della deduzione fiscale, alle quote imputate in bilancio. Dato che ora, in base ai criteri IAS tali spese non sono più capitalizzabili, ne conseguirebbe l’imputazione immediata all’esercizio. E’ stata però mantenuta la disposizione, riguardante specificamente i soggetti IAS, che prevede per questi costi la deducibilità in cinque periodi d’imposta. La norma, ispirata da motivi di gettito, poteva al limite essere concepita come norma transitoria, ma dovrebbe ora al più presto essere eliminata perché in contrasto con la scelta di utilizzare, laddove possibile, i principi civilistici e le regole contabili anche ai fini fiscali.

Costi pluriennali, nuovi principi contabili e riflessi fiscali

CROVATO, Francesco
2009

Abstract

I costi pluriennali restano fuori dal rinvio agli IAS, trattandosi di tematica appartenente alle valutazioni patrimoniali. Come per gli ammortamenti e gli accantonamenti, la qualificazione e la classificazione (per stabilire se si tratti di costi pluriennali o meno) devono essere però stabilite in base agli IAS. Sul punto la prassi contabile internazionale segue un criterio prudenziale, impedendo di rinviare oneri a futuri esercizi. Per lo IAS 38 sono, infatti, iscrivibili fra le immobilizzazioni immateriali come spese pluriennali soltanto le spese di sviluppo (purchè rispettino determinate condizioni), mentre le spese di ricerca generica, pubblicità, impianto e ampliamento devono essere obbligatoriamente spesate a conto economico, eliminando l’attuale possibilità di capitalizzazione. Fiscalmente, pertanto, le spese di pubblicità e di ricerca saranno sempre deducibili correntemente; e per esse si porrà casomai il problema se sia ancora possibile rinviarne la deduzione a successivi periodi d’imposta, come previsto dall’art. 108 T.U.I.R.. Per le “altre spese pluriennali” (cioè diverse da studi e ricerche e pubblicità e propaganda) l’art. 108, comma 3, T.U.I.R., fa in linea generale riferimento, per la misura della deduzione fiscale, alle quote imputate in bilancio. Dato che ora, in base ai criteri IAS tali spese non sono più capitalizzabili, ne conseguirebbe l’imputazione immediata all’esercizio. E’ stata però mantenuta la disposizione, riguardante specificamente i soggetti IAS, che prevede per questi costi la deducibilità in cinque periodi d’imposta. La norma, ispirata da motivi di gettito, poteva al limite essere concepita come norma transitoria, ma dovrebbe ora al più presto essere eliminata perché in contrasto con la scelta di utilizzare, laddove possibile, i principi civilistici e le regole contabili anche ai fini fiscali.
2009
Ias e diritto tributario
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