La parete di roccia del monte su cui si erge Castelgrande a Bellinzona, a cui è stata tolta la vegetazione in attuazione del progetto di Galfetti, è diventata un’altra delle facciate di Piazza del Sole, memore dei fronti delle case demolite che originariamente la cingevano. Questa parete artificiale, trasformata da fatto naturale a fatto costruito, entra in un rapporto silenzioso, espressione di mutue distanze, con l’astrazione determinata dal quadrato di circa sessanta metri di lato che compone la piazza. Come se sia necessario contrapporre alla sua artificiale naturalità l’astrazione di una figura geometrica collocata nel cuore della città. Come se questa forma sia in grado di ancorare edifici e percorsi ad una differente centralità, come se questa forma sia lì per preparare il suolo alla presenza di un nuovo grande edificio nella città. Ma a questa forma corrisponde in effetti uno spazio, seppure ipogeo, un’attrezzatura che nella città è spesso considerata solo nei suoi termini funzionali: un parcheggio sotterraneo, un autosilo che Vacchini definisce nei suoi caratteri architettonici. Dalla rampa di accesso, una sorta di viale alberato che scende lentamente lambendo la roccia del castello, ai corpi emergenti, contenenti le scale e gli ascensori per i pedoni, dalle ventilazioni alle casse, tutti gli elementi della composizione sono portati ad un livello di astrazione tale da rendere non immediatamente percepibile l’uso che vi è sotteso. “Un autosilo, seppure sotterraneo, è da considerarsi dal punto di vista architettonico come un edificio vero e proprio con tutte le implicazioni di ordine spaziale che ciò comporta”. In effetti, il ruolo che un edificio di questo tipo può assumere nel processo di riqualificazione dello spazio pubblico urbano è da considerare con grande attenzione, se si prova ad esaminare una situazione, come quella italiana ad esempio, nella quale gli strumenti normativi non hanno prodotto quei risultati che il legislatore si attendeva. O in cui le numerose occasioni di realizzare questi edifici sono spesso lasciate ad iniziative prive di qualsiasi sensibilità per il contesto urbano che dovrebbero qualificare, ricorrendo di volta in volta a enormi contenitori figli della bruta ingegnerizzazione del telaio in cemento armato, alle peggiori espressioni di quel mimetismo che ormai fa sempre più spesso la sua apparizione nei centri storici, o alle due cose combinate insieme.

Livio Vacchini Piazza del Sole Bellinzona

MASSARENTE, Alessandro
2001

Abstract

La parete di roccia del monte su cui si erge Castelgrande a Bellinzona, a cui è stata tolta la vegetazione in attuazione del progetto di Galfetti, è diventata un’altra delle facciate di Piazza del Sole, memore dei fronti delle case demolite che originariamente la cingevano. Questa parete artificiale, trasformata da fatto naturale a fatto costruito, entra in un rapporto silenzioso, espressione di mutue distanze, con l’astrazione determinata dal quadrato di circa sessanta metri di lato che compone la piazza. Come se sia necessario contrapporre alla sua artificiale naturalità l’astrazione di una figura geometrica collocata nel cuore della città. Come se questa forma sia in grado di ancorare edifici e percorsi ad una differente centralità, come se questa forma sia lì per preparare il suolo alla presenza di un nuovo grande edificio nella città. Ma a questa forma corrisponde in effetti uno spazio, seppure ipogeo, un’attrezzatura che nella città è spesso considerata solo nei suoi termini funzionali: un parcheggio sotterraneo, un autosilo che Vacchini definisce nei suoi caratteri architettonici. Dalla rampa di accesso, una sorta di viale alberato che scende lentamente lambendo la roccia del castello, ai corpi emergenti, contenenti le scale e gli ascensori per i pedoni, dalle ventilazioni alle casse, tutti gli elementi della composizione sono portati ad un livello di astrazione tale da rendere non immediatamente percepibile l’uso che vi è sotteso. “Un autosilo, seppure sotterraneo, è da considerarsi dal punto di vista architettonico come un edificio vero e proprio con tutte le implicazioni di ordine spaziale che ciò comporta”. In effetti, il ruolo che un edificio di questo tipo può assumere nel processo di riqualificazione dello spazio pubblico urbano è da considerare con grande attenzione, se si prova ad esaminare una situazione, come quella italiana ad esempio, nella quale gli strumenti normativi non hanno prodotto quei risultati che il legislatore si attendeva. O in cui le numerose occasioni di realizzare questi edifici sono spesso lasciate ad iniziative prive di qualsiasi sensibilità per il contesto urbano che dovrebbero qualificare, ricorrendo di volta in volta a enormi contenitori figli della bruta ingegnerizzazione del telaio in cemento armato, alle peggiori espressioni di quel mimetismo che ormai fa sempre più spesso la sua apparizione nei centri storici, o alle due cose combinate insieme.
2001
Massarente, Alessandro
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