La riscrittura del «vittorianesimo» si fonda sulla rinarrabilità di un corpus letterario tramandato. La tessitura fra generi, trame, intrecci, strutture letterarie della tradizione vittoriana implica il confronto con paradigmi narrativi forti, autorevoli. La memoria che affiora dalla creazione postmoderna dell’Ottocento esibisce la ricercata commistione fra forme molteplici di storicità, mostra sottili legami fra vero, verosimile, fittizio, moltiplicando i gradi di mediazione fra vissuto e dicibile. Con la riscrittura si crea una tensione creativa fra la ricerca di verosimiglianza nella trascrizione del vittorianesimo storico e l’originalità dell’interpretazione, condotta con categorie estetiche e parametri critici contemporanei. Gli interrogativi postmoderni sul valore euristico della narrazione e sulla narrabilità del mondo sono generati da una duplice traslazione dello scrittore: a ritroso, per immergersi nella storia e nella lettura di autori ottocenteschi, di nuovo in avanti, per creare una scrittura nella contemporaneità. Questi slittamenti culturali problematizzano il valore di figurazione della parola: attraverso la riscrittura la parola dice, e dunque fa che sia, la cosa, e crea un testo; nel ri-creare un testo o un discorso prodotto da un altro sistema culturale, in un diverso tempo storico, il medium verbale, rivelando il proliferare delle trasposizioni in letteratura, si decostruisce. I quesiti sulla raffigurabilità del mondo attraverso la scrittura, sulla parola come medium da plasmare per dire le cose con finalità estetica, ma anche come strumento critico per interrogarsi sulla rappresentazione, diventano centrali quando l’oggetto della rappresentazione è la scienza. Poiché è affidato sempre alla parola il compito di rendere gli interrogativi dell’uomo sulle origini del mondo, ogni forma di sapere modella una scrittura propria. Al linguaggio verbale ricorrerà anche lo scienziato, per concettualizzare metodi e indagini e registrare i propri percorsi di conoscenza; la circolazione di prassi e teorie scientifiche è legata alla verbalizzazione, le scoperte traslate in forma di discorso rendono possibile la trasmissione del sapere. E, come la parola che dice con arte può al contempo riflettere su cosa e se si possa dire, così la scrittura può dire l’interpretazione del mondo attraverso la scienza, e al contempo mettere in discussione come sia possibile tradurre i processi cognitivi affidandosi alle strutture logiche del linguaggio verbale. Inoltre, nell’enunciazione di nozioni e dati scientifici è insita una componente di letterarietà, che solleva il problema complesso del rapporto fra la ‘neutralità’ dello scritto scientifico e i processi di fictionalization. Infine, la letteratura può scrivere di un problema scientifico: quando la scrittura creativa tematizza l’interrogazione epistemologica, nella diegesi coesistono un nucleo propriamente narrativo e creativo, rappresentato dalla trama e dai personaggi che vi figurano, e una forte componente espositiva e argomentativa, dedicata alla discussione di date teorie scientifiche. La letteratura in cui confluisce la scienza impiega consapevolmente la parola come codice non solo creativo ma strumentale, come il medium plasmato a tradurre il conosciuto in rappresentabile. Nel presente studio si tenterà di evidenziare come la riscrittura postmoderna del dibattito scientifico vittoriano utilizzi un tipo di indagine epistemologica sviluppatasi nella cultura inglese dell’Ottocento per farne germinare l’interrogazione, per ampliarne la dimensione di metadiscorsività al di fuori di definite coordinate temporali. Il neo-vittorianesimo creato da Antonia Byatt in “Morpho Eugenia”, la novella racchiusa in Angels and Insects insieme con “The Conjugal Angel”, è innanzitutto una creazione estetica nata dal complesso intreccio fra creatività artistica e tradizione.

Sapere (è) rappresentare. Evoluzioni della conoscenza in Morpho Eugenia di A. S. Byatt

SPINOZZI, Paola
2002

Abstract

La riscrittura del «vittorianesimo» si fonda sulla rinarrabilità di un corpus letterario tramandato. La tessitura fra generi, trame, intrecci, strutture letterarie della tradizione vittoriana implica il confronto con paradigmi narrativi forti, autorevoli. La memoria che affiora dalla creazione postmoderna dell’Ottocento esibisce la ricercata commistione fra forme molteplici di storicità, mostra sottili legami fra vero, verosimile, fittizio, moltiplicando i gradi di mediazione fra vissuto e dicibile. Con la riscrittura si crea una tensione creativa fra la ricerca di verosimiglianza nella trascrizione del vittorianesimo storico e l’originalità dell’interpretazione, condotta con categorie estetiche e parametri critici contemporanei. Gli interrogativi postmoderni sul valore euristico della narrazione e sulla narrabilità del mondo sono generati da una duplice traslazione dello scrittore: a ritroso, per immergersi nella storia e nella lettura di autori ottocenteschi, di nuovo in avanti, per creare una scrittura nella contemporaneità. Questi slittamenti culturali problematizzano il valore di figurazione della parola: attraverso la riscrittura la parola dice, e dunque fa che sia, la cosa, e crea un testo; nel ri-creare un testo o un discorso prodotto da un altro sistema culturale, in un diverso tempo storico, il medium verbale, rivelando il proliferare delle trasposizioni in letteratura, si decostruisce. I quesiti sulla raffigurabilità del mondo attraverso la scrittura, sulla parola come medium da plasmare per dire le cose con finalità estetica, ma anche come strumento critico per interrogarsi sulla rappresentazione, diventano centrali quando l’oggetto della rappresentazione è la scienza. Poiché è affidato sempre alla parola il compito di rendere gli interrogativi dell’uomo sulle origini del mondo, ogni forma di sapere modella una scrittura propria. Al linguaggio verbale ricorrerà anche lo scienziato, per concettualizzare metodi e indagini e registrare i propri percorsi di conoscenza; la circolazione di prassi e teorie scientifiche è legata alla verbalizzazione, le scoperte traslate in forma di discorso rendono possibile la trasmissione del sapere. E, come la parola che dice con arte può al contempo riflettere su cosa e se si possa dire, così la scrittura può dire l’interpretazione del mondo attraverso la scienza, e al contempo mettere in discussione come sia possibile tradurre i processi cognitivi affidandosi alle strutture logiche del linguaggio verbale. Inoltre, nell’enunciazione di nozioni e dati scientifici è insita una componente di letterarietà, che solleva il problema complesso del rapporto fra la ‘neutralità’ dello scritto scientifico e i processi di fictionalization. Infine, la letteratura può scrivere di un problema scientifico: quando la scrittura creativa tematizza l’interrogazione epistemologica, nella diegesi coesistono un nucleo propriamente narrativo e creativo, rappresentato dalla trama e dai personaggi che vi figurano, e una forte componente espositiva e argomentativa, dedicata alla discussione di date teorie scientifiche. La letteratura in cui confluisce la scienza impiega consapevolmente la parola come codice non solo creativo ma strumentale, come il medium plasmato a tradurre il conosciuto in rappresentabile. Nel presente studio si tenterà di evidenziare come la riscrittura postmoderna del dibattito scientifico vittoriano utilizzi un tipo di indagine epistemologica sviluppatasi nella cultura inglese dell’Ottocento per farne germinare l’interrogazione, per ampliarne la dimensione di metadiscorsività al di fuori di definite coordinate temporali. Il neo-vittorianesimo creato da Antonia Byatt in “Morpho Eugenia”, la novella racchiusa in Angels and Insects insieme con “The Conjugal Angel”, è innanzitutto una creazione estetica nata dal complesso intreccio fra creatività artistica e tradizione.
2002
9788887467666
Letteratura e scienza; darwinismo; riscrittura; Gran Bretagna; narrativa contemporanea; Antonia Susan Byatt
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