In "Perfezione e finitudine. La concezione della morte nell'utopia in età moderna e contemporanea" sono raccolti i contributi degli studiosi presenti al convegno internazionale che si è svolto nei giorni 28 e 29 settembre 2001 a Torino, organizzato dalla Fondazione Ariodante Fabretti e dal Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Utopia dell’Università di Bologna. La scelta del termine “finitudine” in rapporto all’utopia è strettamente connessa ai rapporti concettuali fra utopia e morte che il convegno di proponeva di indagare: la perfezione perseguita dall’utopia, intesa come costruzione di una società migliore di quella data, deve confrontarsi con la finitudine, limite umano per eccellenza, il cui impatto l’utopista tenta con strategie molteplici di attutire, neutralizzare oppure ignorare. Da un punto di vista metodologico la novità delle prospettive di ricerca indagate nel volume consiste nel confronto fecondo fra gli studi tanatologici e gli studi utopici. Il tema della morte è inestricabilmente connesso al dibattito sulla vecchiaia e la corruzione del corpo, il diritto a morire e il post mortem, i riti funebri e il culto dei morti, sia da un punto di vista teorico sia in rapporto a dati contesti socio-culturali. L’apporto specifico degli studi utopici al dibattito consiste nel fatto che per il pensatore utopico il concetto di mortalità ha origine dal conflitto fra l’essere e il tempo e la condizione di straniamento che lo proietta al di fuori. Il pensiero dell’utopista sulla fine della vita si colloca all’intersezione fra la realtà storica e l’altrove utopico. Nei testi utopici e nelle progettazioni architettoniche dei monumenti funebri le complesse relazioni fra la perfettibilità dell’uomo e la sua finitudine ontologica si definiscono ed evolvono attraverso l’osmosi profonda fra i modelli culturali dell’epoca e del paese nei quali l’utopista opera e la tensione speculativa che lo spinge a superare la datità del reale. Proprio le relazioni fra la dimensione storica della morte, ampiamente indagata nel suo sviluppo diacronico da Philippe Ariès e da Michel Vovelle, e la progettualità degli scrittori utopici hanno aperto agli studiosi che contribuiscono al presente volume nuovi percorsi d’indagine comparata, che si articolano attraverso il confronto constante fra discipline letterarie, storiche e filosofiche.

Perfezione e finitudine. La concezione della morte nell’utopia in età moderna e contemporanea

SPINOZZI, Paola
2004

Abstract

In "Perfezione e finitudine. La concezione della morte nell'utopia in età moderna e contemporanea" sono raccolti i contributi degli studiosi presenti al convegno internazionale che si è svolto nei giorni 28 e 29 settembre 2001 a Torino, organizzato dalla Fondazione Ariodante Fabretti e dal Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Utopia dell’Università di Bologna. La scelta del termine “finitudine” in rapporto all’utopia è strettamente connessa ai rapporti concettuali fra utopia e morte che il convegno di proponeva di indagare: la perfezione perseguita dall’utopia, intesa come costruzione di una società migliore di quella data, deve confrontarsi con la finitudine, limite umano per eccellenza, il cui impatto l’utopista tenta con strategie molteplici di attutire, neutralizzare oppure ignorare. Da un punto di vista metodologico la novità delle prospettive di ricerca indagate nel volume consiste nel confronto fecondo fra gli studi tanatologici e gli studi utopici. Il tema della morte è inestricabilmente connesso al dibattito sulla vecchiaia e la corruzione del corpo, il diritto a morire e il post mortem, i riti funebri e il culto dei morti, sia da un punto di vista teorico sia in rapporto a dati contesti socio-culturali. L’apporto specifico degli studi utopici al dibattito consiste nel fatto che per il pensatore utopico il concetto di mortalità ha origine dal conflitto fra l’essere e il tempo e la condizione di straniamento che lo proietta al di fuori. Il pensiero dell’utopista sulla fine della vita si colloca all’intersezione fra la realtà storica e l’altrove utopico. Nei testi utopici e nelle progettazioni architettoniche dei monumenti funebri le complesse relazioni fra la perfettibilità dell’uomo e la sua finitudine ontologica si definiscono ed evolvono attraverso l’osmosi profonda fra i modelli culturali dell’epoca e del paese nei quali l’utopista opera e la tensione speculativa che lo spinge a superare la datità del reale. Proprio le relazioni fra la dimensione storica della morte, ampiamente indagata nel suo sviluppo diacronico da Philippe Ariès e da Michel Vovelle, e la progettualità degli scrittori utopici hanno aperto agli studiosi che contribuiscono al presente volume nuovi percorsi d’indagine comparata, che si articolano attraverso il confronto constante fra discipline letterarie, storiche e filosofiche.
2004
9788871805054
Utopia come genere letterario; utopismo; morte; tanatologia; secoli XV-XX.
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